Sotto il tallone del conformismo

Pubblicato da il 2 maggio 2013

«Sei piú cattolicizzato di quanto pensassi», «non farti prendere dal fervor fidei», «cerchi di dare un valore razionale a qualcosa che non è altro che un pregiudizio», «ti prepari a diventare seminarista e teologo»: sono alcune delle “critiche” che mi sono state mosse ultimamente a proposito di alcune mie esternazioni sul tema “omosessualità”.

La mia colpa? Sostenere, a proposito dei “matrimoni” tra persone del medesimo sesso e del diritto di queste ultime ad adottare bambini, che «forse sarebbe il caso di esaminare la questione con un minimo di raziocinio» invece che farne una battaglia ideologica. Una posizione evidentemente inaccettabile, bigotta, retrograda ed oscurantista. Un’opinione che – ho appreso da un mio commentatore, il quale già che c’era ha colto l’occasione per psicanalizzarmi – in realtà non sarebbe mia, ma indottami in maniera occulta attraverso l’educazione cattolica che da secoli stringe tra le sue grinfie i più teneri virgulti della nostra società per effettuare loro il lavaggio del cervello.

Eh già. Infatti i giornali, le radio e le televisioni sono sature di corsi teologici, trasmissioni e approfondimenti dedicati alle Sacre Scritture ed alla dottrina della Chiesa.
I gay invece, poverini, sono costretti all’oblio.
Tutti infatti vediamo quanto, nella nostra società, siano ferocemente repressi. Le loro folcloristiche manifestazioni (travestimenti indecenti, esibizioni di organi sessuali) vengono annegate nel sangue.
Non godono di alcun diritto. Come noto, è vietato loro dichiararsi, venire fuori, vantarsi magari della loro omosessualità. Altrimenti vengono arrestati e viene gettata via la chiave. I media oscurano qualsiasi notizia li riguardi e spargono a piene mani odio e violenza nei loro confronti.
I mandanti, va da sè, sono preti, teologi, seminaristi. Tutti cospiratori riuniti sotto l’ombrello della più grande associazione a delinquere del mondo e che riconoscono come loro unica autorità il Papa.

Ed io sono loro complice, perché mi ostino a non considerare i “matrimoni” omosessuali una conquista di civiltà. Inutile far notare che a sostegno delle mie argomentazioni non ho per nulla citato la Bibbia, né qualche Padre della Chiesa, né alcun documento ecclesiastico. Tutto inutile, perché – mi assicura il mio psicologo improvvisato – «la battaglia contro le unioni omosessuali è una battaglia della religione cattolica cristiana e del fondamentalismo islamico».

Vada a dirlo a quelle centinaia di esperti (docenti universitari, sociologi, psichiatri, psicologi, antropologi, filosofi, giuristi – tra cui molti non cattolici nè fondamentalisti islamici) che, nell’ostilità – o, peggio, nell’indifferenza – dei media, espongono le loro ragioni contrarie all’unica opinione oggi ammessa sul tema. Tutti lobotomizzati dalla religione, annebbiati dalla fede. Cattolica, nel mio caso.

Non poteva essere omesso ovviamente il solito campionario di luoghi comuni anticlericali: le crociate, il maschilismo, la stregoneria, gli untori, i preservativi… Elenco che fa notare, quanto meno, la scarsa originalità dei miei critici. A tal proposito, mi permetto di segnalare che mancano all’appello il processo a Galileo Galilei e la condanna al rogo di Giordano Bruno. Mi stupisce, poi, l’assenza della consueta filippica sui secoli bui del medioevo.
Almeno, così, la scontata collezione di accuse inventata dalla propaganda illuminista un paio di secoli fa e ripetuta a pappagallo dall’uomo-massa contemporaneo sarebbe più esauriente.

Illazioni che conosco bene. Sono, infatti, le stesse identiche opinioni che credevo di avere io fino a qualche tempo fa, mentre in realtà le avevo assorbite – queste sì, senza rendermene conto – dal conformismo oggi imperante, basato su vaghissime e benpensanti concezioni umanitariste e moraliste. Sono a conoscenza, quindi, di quanto sia pervasiva l’ideologia dominante e di come sia estremamente più semplice (e riposante) aderire allo “spirito dei tempi”.

Maturare proprie convinzioni, infatti, è faticoso. Presuppone uno sforzo continuo basato sullo studio, l’analisi, il ragionamento. Presuppone la continua riflessione su quanti dei giudizi e delle idee che diciamo nostri ci vengono invece dagli altri, e precisamente da quella massa anonima e generica di altri, che diciamo “la gente”. E questo è il meno. Bisogna poi prepararsi alla critica permanente. «Del resto», continuando a citare un grande giornalista, «anche il più originale anticonformista possibile può sfidare “la gente” solo in qualche idea o convinzione. Nel 98% del tempo aderisce ai loci communes vigenti, anche i più falsi. Non si può sempre stare a contrastare, per esempio, il darwinismo rozzo professato da buone persone, anche colte, rozzo al punto che nemmeno i darwinisti professionali osano esprimerlo in quel modo (“l’uomo discende dalla scimmia”): è una delle “vigenze” nell’aria che tira».

Sarebbe necessario impegnare il proprio tempo a ribattere sempre alle solite obiezioni. Ricominciando ogni volta da capo.
Finché non arriva di nuovo il solito pappagallo a ripetere, come se nulla fosse, le solite castronerie. Castronerie che sente di essere suo diritto esprimere; che altro è, se no, la democrazia? Il diritto di tutti ad avere un’opinione su tutto. Invece no. Sulle crociate, come sull’inquisizione – cioè su quella disciplina chiamata storia – e come anche «sulla chimica o sulla musica, sulla pittura, sulla fisica e sulla scienza dei computer – insomma su quasi tutto quel che compone la civiltà – per poter avere un’opinione legittima, bisogna aver studiato “i precedenti”. Quel che gli uomini ne hanno scoperto e discusso in passato, rettificando via via e precisando la conoscenza di ogni tema».

Inutile sbandierare leggende e superstizioni come se fossero la realtà, sfiorando argomenti complessi, in parte già affrontati e dibattuti ai più alti livelli storici e scientifici, di cui non si ha la minima nozione.

Non si ha il diritto, ad esempio, di parlare della caccia alle streghe con l’unico scopo di accusare la Chiesa Cattolica se si ignora addirittura che il fenomeno interessò in stragrande maggioranza i paesi protestanti e che «l’Inquisizione portoghese, spagnola e romana non solo non si sono macchiate della repressione delle streghe, vere o presunte, ma hanno addirittura evitato lo scatenarsi delle cacce alle streghe durante il XVI e XVII secolo nel Sud Europa» (la citazione è tratta dalla Enciclopedia della stregoneria, opera in quattro volumi edita nel 2007 che raccoglie i contributi di 170 specialisti di ogni parte del mondo; il ridimensionamento delle responsabilità dell’istituzione ecclesiastica è dato ormai acquisito dalla maggioranza degli storici).

Molto potrei aggiungere su ciascuna delle altre insinuazioni ed allusioni (magari ci ritornerò in qualche prossimo articolo); ma ho il sospetto che sarebbe solo una perdita di tempo.
Perché l’obiettivo non è l’indagine della realtà, con tutta la complessità dei problemi che essa comporta, tutte le sfumature, le finezze e i paradossi dell’avventura umana.
No, compito troppo gravoso e impegnativo.
È molto più facile e tranquillizzante allinearsi alle posizioni del media system oggi imperante.
E definire (come fossero offese) «seminarista» e «teologo» chi, nell’attesa magari che le sue opinioni vengano dichiarate illegali perché “razziste”, osa chiedere ad alta voce se si è davvero convinti che sia una buona idea costringere un bambino ad avere due “mamme” o due “papà”.

Antonio Schiavone

Centro Servizi Acerra