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Crimini contro l’umanità
La commissione ONU presieduta dal magistrato ebreo sudafricano Richard Goldstone, dopo accurata inchiesta, ha prodotto il rapporto “Human Rights in Palestine and other occupied Arab territories” (PDF versione completa in inglese), nel quale si può leggere:
Ovviamente, qui in Italia, i grandi organi di informazione non hanno ritenuto opportuno affrontare l’argomento, o quasi. Nessun politico si è stracciato le vesti, nessuna esternazione che possa indisporre il regime criminale di Sion è stata udita.
Cavolo, non stiamo mica parlando del velo islamico, quello sì criminale ed illegale, strumento di oppressione delle donne musulmane che si attendono da noi, l’occidente progredito, la liberazione dal giogo fondamentalista e terrorista. Non vorremo certo negare loro il diritto di camminare con l’ombelico – e le mutande – di fuori?
O magari intendiamo mettere la più grande democrazia del medioriente sullo stesso piano del regime iraniano? È risaputo, in Iran non esistono diritti civili, la dittatura opprime la popolazione, crimini contro l’umanità vengono compiuti a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Non c’è dubbio: sono proprio dei pericolosi sovversivi, questi magistrati ebrei sudafricani che ficcano il naso nelle vicende belliche della loro terra rinnegata, la grande Israele.
Come si permettono di scrivere (o far scrivere) 575 pagine di menzogne colossali?
Per completezza di informazione, riportiamo alcune di queste balle:
– gli attacchi contro numerosi edifici governativi (come il Consiglio Legislativo Palestinese e la principale prigione di Gaza) e le uccisioni sistematiche del personale sono stati un deliberato e volontario attacco contro obiettivi civili, in violazione di qualsiasi legge internazionale;
– la pratica del lancio di esplosivi luminosi sui tetti, ben lungi dal poter essere considerata un avvertimento di abbandonare l’area, costituisce piuttosto una forma di attacco contro i civili residenti negli edifici obiettivo di tali esplosivi;
– le precauzioni prese dall’esercito israeliano durante l’attacco del 15 gennaio 2009 al compound dell’UNRWA a Gaza City, bombardato con munizioni ad alto contenuto di esplosivo e con il fosforo bianco , sono state inconsistenti. Il compound era rifugio di 600-700 civili e conteneva un significativo deposito di carburante. L’esercito israeliano ha continuato l’attacco per più ore nonostante fosse stato avvisato dei rischi esistenti;
– l’attacco diretto ed intenzionale (avvenuto sempre il 15 gennaio 2009) all’ospedale Al-Quds di Gaza City e all’adiacente deposito di ambulanze, effettuato con granate al fosforo (provocando incendi che hanno richiesto un intero giorno per la loro estinzione e diffondendo il panico tra i malati e i feriti), non è stato preceduto dal lancio di nessun allarme; i ripetuti attacchi (ancora una volta effettuati con l’uso di munizioni al fosforo), contro l’ospedale Al Wafa situato nella zona est di Gaza City (che accoglie pazienti bisognosi di cure a lungo termine e feriti particolarmente gravi) hanno dimostrato la totale inefficacia di alcuni tipi di avvertimenti generici ed abituali (volantini e messaggi telefonici preregistrati). Entrambe le operazioni configurano una chiara violazione del divieto ad attaccare ospedali civili;
– in numerosi episodi l’esercito israeliano ha lanciato attacchi diretti esclusivamente contro civili, senza la presenza di alcun obiettivo militare . Una casa, situata nel quartiere Samouni a sud di Gaza City, nella quale civili palestinesi si erano radunati proprio a seguito di un ordine da parte dell’esercito israeliano, è stata successivamente bombardata. Civili che stavano abbandonando le proprie abitazioni per spostarsi verso luoghi più sicuri, mostrando bandiera bianca e, in alcuni casi, eseguendo gli ordini dello stesso esercito israeliano, sono stati uccisi. Tutte azioni illegali, compiute in momenti in cui l’esercito aveva il pieno controllo dell’area ed era precedentemente entrato in contatto con le stesse persone che poi ha attaccato, consapevole del loro status di civili. Nella maggioranza dei casi, le conseguenze di tali attacchi sono state aggravate dal seguente rifiuto di permettere l’evacuazione dei feriti o l’accesso alle ambulanze. Si è indagato su altri episodi come il lancio di un missile contro una moschea durante la preghiera della prima serata, che ha provocato la morte di 15 persone; un attacco con munizioni flechette contro una folla riunita in una veglia funebre, che ha provocato 5 vittime;
– sebbene non proibito dalle leggi internazionali, l’uso di alcuni tipi di armi come il fosforo bianco e i missili flechette è stato cosapevolmente incosciente da parte delle forze armate israeliane. I dottori che hanno trattato pazienti feriti dal fosforo bianco hanno rimarcato la gravità e a volte l’incurabilità delle bruciature provocate da questa sostanza. Per quanto riguarda i missili flechettes, si sottolinea che essi costituiscono un’arma incapace di identificare gli obiettivi dopo la detonazione, quindi particolarmente inadatti all’utilizzo in aree urbane, dove è ragionevole pensare che siano presenti civili;
– pur non essendo possibile sostenere con certezza che munizioni DIME siano state utilizzate dalle forze armate israeliane, di fatto numerose relazioni da parte di dottori palestinesi e stranieri operanti a Gaza durante le operazioni militari riportano un’alta percentuale di pazienti aventi ferite compatibili con gli effetti di questa arma;
– Israele ha consapevolmente distrutto o pregiudicato in maniera grave il funzionamento di infrastrutture industriali, fabbriche alimentari, impianti idrici, sistema fognario e abitazioni. Il mulino Al Bader, già all’inizio delle operazioni militari l’unico funzionante all’interno della Striscia, è stato colpito da una serie di attacchi aerei il 9 gennaio 2009, dopo che diversi falsi allarmi erano stati lanciati nei giorni precedenti. L’industria alimentare per l’allevamento di polli del Sig. Sameh Sawafeary (situata nel quartiere Zeitoun a sud di Gaza City), è stata rasa al suolo da bulldozer corazzati dell’esercito israeliano. Tali operazioni hanno costituito parte di un più ampio disegno di distruzione, che ha compreso altre aziende alimentari per l’allevamento di polli e la fabbrica Al Wadia produttrice di cibo e bevande. Esse non avevano alcuna giustificazione militare, e la natura degli attacchi suggerisce che il loro solo scopo fosse quello di negare il sostentamento alla popolazione civile ;
– benché in alcuni casi la distruzione di case residenziali provocata da attacchi aerei, bombardamenti di mortaio e artiglieria, missili e bulldozer, sia risultata funzionale al fine di avvantaggiare le forze di terra israeliane, in altri casi i dati raccolti suggeriscono fortemente che essa sia stata eseguita senza che esistesse alcun legame con la lotta ai gruppi armati palestinesi o senza che comportasse alcun contributo all’azione militare. Parallelamente alla distruzione di case dovuta ad una cosiddetta “necessità operazionale”, le forze israeliane risultano dunque coinvolte in una distruzione sistematica di edifici civili messa in atto durante gli ultimi tre giorni della loro presenza a Gaza, seppur coscienti dell’immediato ritiro;
– in almeno quattro casi l’esercito israeliano ha costretto con la pistola puntata uomini civili palestinesi a prendere parte ad incursioni nelle abitazioni durante le operazioni militari. Gli uomini palestinesi sono stati bendati ed ammanettati per essere poi forzati ad entrare nelle case prima dei soldati israeliani. Testimonianze pubblicate di soldati israeliani che hanno preso parte alle operazioni militari confermano il ripetuto uso di questa pratica, che equivale ad utilizzare i palestinesi come scudo umano e costituisce un trattamento crudele ed inumano. I palestinesi usati come scudi umani sono stati poi interrogati sotto minaccia di morte o di violenza al fine di ottenere informazioni. Tutto questo costituisce un’ulteriore violazione del diritto umanitario internazionale;
– durante le operazioni militari le forze armate israeliane hanno detenuto all’interno di case e spazi aperti a Gaza, oppure trasferito in prigioni israeliane, un alto numero di civili senza che nessuno di essi fosse in possesso di armi né rappresentasse alcuna apparente minaccia per i soldati israeliani. Civili, donne e bambini inclusi, sono stati detenuti in condizioni degradanti, privati di cibo, acqua e accesso a strutture sanitarie ed esposti alle intemperie di gennaio senza alcun riparo. Gli uomini sono stati ammanettati, bendati e continuamente fatti spogliare e denudati più volte durante la detenzione. Coloro che sono stati trasferiti in Israele sono stati costretti a interrogatori severi, pestaggi ed altri abusi fisici e mentali. I casi dei detenuti palestinesi evidenziano tratti comuni dell’interazione tra soldati israeliani e civili palestinesi già emerso chiaramente in altre circostanze analizzate: abuso continuo e sistematico, oltraggio alla dignità personale, comportamenti umilianti e degradanti . La condotta tenuta nei confronti di questi civili costituisce l’imposizione di una punizione collettiva nei confronti del popolo palestinese in violazione del diritto umanitario internazionale;
– tenendo in considerazione la capacità di pianificare, l’alta tecnologia a disposizione dei mezzi utilizzati per realizzare i piani e le dichiarazioni dell’esercito israeliano secondo cui praticamente non sono stati commessi errori, quanto emerso dall’inchiesta si ritiene sia il risultato di decisioni politiche deliberatamente pianificate. Alcune delle azioni del Governo di Israele potrebbero giustificare l’indagine di una commissione di giustizia competente che indaghi in merito ai crimini contro l’umanità commessi.
Nulla di nuovo, insomma. Le solite accuse che i soliti terroristi strombazzano a destra e a manca con l’unico scopo di “diffondere l’antisemitismo”, “ispirare pregiudizi contro Israele”, “privare gli israeliani del diritto di difendersi”. Un rapporto, quello Goldstone, che “servirà ad innescare una campagna di isolamento e demonizzazione” di Sion. E non ci si faccia ingannare dal fatto che a capo della missione d’inchiesta è stato posto un ebreo: si tratta solo di un’abile mossa per dare a credere che il rapporto sia obiettivo. Come scritto da Maurizio Blondet, “non c’è mai un inquirente giusto: se non è ebreo, è antisemita. Se è ebreo, l’hanno preso apposta per fingere imparzialità”.
Questi goym sono serpi, maestri di mistificazione, capaci di far apparire verità la più becera menzogna. Risulta chiaro a tutti che i principi fondamentali della Carta dell’ONU, come il diritto ad un giusto processo e all’eguale trattamento, vengono sistematicamente ignorati quando si tratta di Israele. E ad essa, poverina, non resta altro da fare che violare costantemente le risoluzioni approvate da quel covo di terroristi travestiti da agnelli nel quale si sono trasformate le Nazioni Unite.
E quel Richard Goldstone, già procuratore d’accusa all’Aja per i crimini commessi in Ruanda e in Jugoslavia, a chi vuol darla a bere? La sua finta imparzialità, da tutti lodata prima che venisse allo scoperto, era un’accorta ed astuta dissimulazione nell’attesa del momento giusto per colpire.
Nicole, la figlia, s’è addirittura fatta intervistare dalla radio dell’esercito israeliano in lacrime, parlando in ebraico, sostenendo che se suo padre non avesse accettato di capeggiare l’inchiesta ONU sui fatti di Gaza, le accuse contro Israele sarebbero state molto più gravi.
Vorrebbe farci credere che papà Goldstone è un sionista appassionato, e che ha ammorbidito le conclusioni della commissione; che se ha accettato l’incarico è perchè ha pensato di poter essere utile al bene di Israele (possiamo solo immaginare allora come sarebbero andate le cose se si fosse rifiutato).
Nicole ha poi concluso: “Non è stato facile per lui. Certo, non si aspettava di vedere e udire quel che ha visto e sentito nella sua inchiesta sul terreno”.
Cosa abbia mai visto il giudice Goldstone – ebreo e sionista – che non si aspettava di vedere, non è dato sapere.
Antonio Schiavone
25/09/2009