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11 settembre: commemorazione dell’inganno

Eccoci qui, a nove anni dagli attentati dell’11 settembre, a commemorare le 3.000 vittime che funsero da pretesto per scatenare la guerra permanente che ha già causato più di un milione di vittime tra Afghanistan e Iraq.
In occasione del triste anniversario, c’è chi organizza roghi e chi – invece – più semplicemente si chiede: Ma quello che abbiamo visto è davvero quello che è successo?
Per quanto vada contro tutto quello che ci hanno insegnato a pensare, nel corso di questi anni è andata via via delineandosi una verità circa quegli eventi molto differente dalla cosiddetta “versione ufficiale”.
Una volta scrollatici di dosso l’orrore e la polvere che ci accecavano ed atterrivano, siamo stati capaci di scorgere tanti piccoli dettagli che nel marasma generale erano passati quasi inosservati. Una volta superato il problema “psicologico“, il naturale meccanismo di difesa che ci spinge a rifiutare la realtà quando troppo difficile da accettare, siamo riusciti a mettere in fila le tante, troppe stranezze di quell’undicesimo giorno di settembre del 2001.
Non voglio produrmi nella solita lista dei falsi clamorosi, degli atti di depistaggio, della disinformazione creata ad arte, delle leggi della fisica infrante quella giornata. A distanza di quasi un decennio, il numero di elementi emersi sulla vicenda è tale che continuare a credere alla menzogna è ormai una colpa, per la quale non valgono più le attenuanti della buona fede.
Se nove anni dopo siamo ancora qui a parlare di aerei invisibili e passaporti indistruttibili, di telefonate impossibili e crolli perfettamente simmetrici, di manovre che definire improbabili è un eufemismo…
Se nove anni dopo siamo ancora alla ricerca di Bin Laden in Afghanistan e delle armi di distruzione di massa in Iraq, continuando a provocare migliaia di vittime…
Se nove anni dopo siamo ancora qui a discutere di guerra al terrorismo e della possibilità di invadere l’Iran…
Se dopo nove anni ancora non siamo riusciti a comprendere che il nemico marcia alla nostra testa, dopotutto forse la nostra civiltà merita – come sta avvenendo – di scomparire dalla storia.
Antonio Schiavone