Storia

La tempesta di fuoco che arse Dresda

STORIA – Dresda, 13-14 febbraio 1945

Dell’interminabile elenco di atrocità che fu la II Guerra Mondiale, la distruzione di Dresda e la mattanza dei suoi abitanti non possono essere taciute. Si tratta di un crimine orrendo, reso ancor più odioso dalla semplice constatazione che non c’era alcun motivo per scatenare tanta barbarie.

Dresda, un’intera famiglia incenerita

L’immane conflitto mondiale si avviava alla conclusione, la Germania era ormai in ginocchio (l’architetto Albert Speer, ministro tedesco degli armamenti e della produzione bellica, alla fine del gennaio ’45 inviò ad Hitler un memorandum nel quale prevedeva per le forze tedesche la possibilità di resistere ancora altre otto settimane) e la vittoria degli Alleati era una mera questione di tempo.

Ciononostante, fu proprio verso il termine della guerra (ed anche dopo la fine delle ostilità) che furono scritte alcune delle pagine più sanguinose di quella immensa tragedia che costò al mondo anni di sofferenze, distruzioni e massacri e lasciò sui campi di battaglia 55 milioni di morti. Cinquantacinque milioni di vite spezzate.

Ma non tutte uguali. Tributi e onori ai caduti dei vincitori, oblio e riprovazione a quelli degli sconfitti. Sconfitti, ma non per questo meno vittime.

Trovo odiosa la discriminazione imposta persino nella morte.

Ed infame è la giustificazione alla vendetta che conduce alla violenza senza fondamento, l’odio cieco che conduce all’orrore, lucidamente perseguito nella sua follia.

Quella guerra, ed ancor di più gli eventi che l’hanno seguita nell’immediato, grida un’unica, semplice verità: fare della forza e della potenza militare l’unica ratio, camminare lungo sentieri così lontani dalla civiltà (che è appunto la lotta faticosa condotta per estromettere o quanto meno contenere all’interno del consorzio umano la legge della giungla, la logica del più forte), espone al pericolo di non riuscire più a ritrovare la strada per tornare indietro, alle insidie ed ai pericoli di riscoprirsi bestie selvagge che elevano i propri istinti peggiori a regole di comportamento.

Si corre il rischio di smettere di essere umani.

Ecco il senso di rinnovare il ricordo della tragedia che avvenne a Dresda. È necessario mostrare gli abissi dei quali è capace l’uomo quando lascia sfogare le oscure pulsioni della sua natura inferiore, affinché rammenti che la civiltà richiede un’opera continua di manutenzione, una ferma volontà di ragione saldamente ed incessantemente esercitata.

Giudichi il lettore se i nostri sono tempi che hanno imparato la lezione.
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Antonio Schiavone

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