Ru486: innocua e indolore

Pubblicato da il 10 marzo 2010
L'aborto chimico: RU486

L’aborto chimico: RU486

Una gran caciara tipicamente italiota affolla il pubblico dibattito in queste ore. Motivo del baccano: la pillola abortiva RU486.
Già si sono formati gli schieramenti: da una parte i sostenitori del caro e vecchio aborto chirurgico, dall’altra chi invece – essendo progressista – propende per quello chimico.

La solita e sempre remunerativa strategia di creare due fazioni contrapposte su un falso aspetto del problema e farle scontrare all’infinito, impedendo alla discussione di fuoriuscire dal “politically correct” del pensiero unico ammesso. Impedendo che possa venire in mente a qualcuno – magari per sbaglio – di avanzare qualche dubbio su quella grande conquista civile costituita dalla possibilità di uccidere volontariamente il proprio figlio portato in grembo.

Non ho alcuna voglia di stare qui a discettare – come vorrebbero gli abortisti – di quale sia il momento esatto in cui un embrione da accozzaglia di cellule diviene un essere umano e quindi meritevole di non essere ammazzato. Mi limito semplicemente a constatare che di libero, nella scelta di una futura madre di abortire, non ci vedo proprio nulla in questa società che insegna il disimpegno e il godimento fine a se stesso; che instilla nelle nostre menti anestetizzate l’equazione figlio uguale tragedia da evitare; che non ti rinnova il contratto a termine se resti incinta. Ma il discorso a tal proposito è lungo: magari ne riparleremo un’altra volta.

Torniamo alla pillola della felicità (si tratta in realtà di 2 pasticche da assumere a distanza di 2-3 giorni l’una dall’altra).

Rapida e indolore, ci assicurano. Molto meno invasiva rispetto ad altri metodi. Menzogne, smascherabili da chiunque non si informi esclusivamente dai media di regime: venduta e pubblicizzata come innocua e incruenta, gli effetti collaterali, soprattutto nella fase espulsiva, hanno destato parecchie preoccupazioni. Oltre a dolori addominali, crampi, nausea, mal di testa, vomito, diarrea, vertigini, affaticamento generale, mal di schiena (nell’ordine percentuale in cui tali sintomi secondari si sono manifestati a seguito della sperimentazione), nel 2004 la FDA (Food and Drug Administration) ordinò all’azienda produttrice di inserire nel foglietto delle avvertenze del magico preparato – che non è un farmaco, poiché la gravidanza non è una malattia – il rischio di incorrere in infezioni e perdite di sangue. Rischio molto concreto, secondo uno studio firmato da Margaret M. Gary e Donna J. Harrison, “Analysis of Severe Adverse Events related to the use of Mifepristone as an abortifacient”. Decessi avvenuti a causa di infezioni rarissime (di clostridium sordellii), gravi emorragie, proseguimenti indesiderati di gravidanza con rischi di malformazioni per il feto, necessità in molti casi di intervenire anche chirurgicamente per complicazioni.

Con il metodo chimico, spacciato per sicuro, si muore 10 volte di più rispetto all’aborto chirurgico a parità di settimane di gravidanza (fino alla settima)

New England Journal of Medicine

Tanto che il 1° dicembre del 2005, a scanso di equivoci, si pronuncia la più autorevole delle riviste mediche, il New England Journal of Medicine: con il metodo chimico, spacciato per sicuro, si muore 10 volte di più rispetto all’aborto chirurgico a parità di settimane di gravidanza (fino alla settima). Nell’articolo, firmato da 13 esperti appartenenti ad importanti istituzioni mediche americane, si sottolinea poi che per l’approvazione del mifepristone (principio attivo della pillola abortiva) la FDA ha impiegato addirittura 54 mesi, mentre in media ce ne sono voluti meno di 16 per le altre nuove molecole registrate lo stesso anno (il 2000) e che – fino a quel momento – si è
dovuto modificare per due volte i foglietti illustrativi della pillola, vista la scia di morti e gravi complicanze che ha seminato al suo passaggio.

Se poi a questo quadro clinico sconfortante aggiungiamo gli effetti psicologici devastanti sulle ex-future madri, davvero vien da chiedersi perché a questi criminali della medicina venga ancora permesso di esercitare – tradendola nel profondo – la propria professione.

Anna (nome di fantasia per garantire l’anonimato), 34 anni, avvocato toscano, ha raccontato alla giornalista Melania Rizzoli la sua esperienza nel 2005, con la pillola ancora in fase sperimentale: “È stato terribile e non lo rifarei mai più. I dottori mi avevano informato su questa nuova tecnica abortiva, solo ed esclusivamente farmacologica, mi avevano assicurato che tutto sarebbe stato più dolce, che avrei evitato l’intervento chirurgico, l’anestesia, il raschiamento e tutte quelle pratiche dolorose, compreso il ricovero, ma per me è stato peggio, molto peggio…”

E spiega perché: “[…] dopo che hai ingoiato la prima pillola, sai che quel giorno stesso tuo figlio morirà, e resterà attaccato lì, morto, dentro il tuo utero… semplicemente il suo cuoricino smetterà di battere. Per sempre. È l’effetto della prima pasticca, che tu devi mettere in bocca da sola, perché da sola sei lasciata a sopprimere quella vita che tu stessa vuoi eliminare. Lo capisci subito la sera stessa che quel figlio è morto, perché senti improvvisamente sparire tutti quei segni di gravidanza che noi donne ben conosciamo, primo fra tutti il seno […] e sparisce anche quella piccola tensione del basso ventre tipica dei primi mesi. E poi viene il peggio… perché devi aspettare! Devi aspettare tre lunghi giorni, nei quali continui a fare quello che hai sempre fatto, lavorare, camminare, mangiare, dormire, andare al cinema […] ma sai che hai quel “coso” morto lì dentro che deve essere eliminato, espulso, cioè abortito! Per me sono stati tre giorni terribili […] hai tutto il tempo per pensare e riflettere su quello che ti è accaduto e che ti accadrà, hai il tempo per pregare e per piangere… io mi sentivo una specie di assassina in libertà…”

È stato terribile e non lo rifarei mai più…
Per me sono stati tre giorni terribili…
Mi sentivo una specie di assassina in libertà…

Anna (nome di fantasia per garantire l'anonimato)

Ma il calvario non è ancora finito: “Il terzo giorno mi sono ripresentata […] in ospedale per la seconda pasticca. Anche quella ti viene messa in mano […] sei tu l’unica e sola mandante e autrice di un piccolo omicidio[…] ti prepari ad assistere, a partecipare ed a effettuare il tuo “avveniristico” aborto terapeutico! Intanto, oltre alla situazione dolorosa, vieni pervasa dall’ansia dell’arrivo dei dolori fisici. Il medico mi aveva spiegato bene che con la seconda pillola sarebbe avvenuto una sorta di mini-travaglio essenziale per provocare il distacco del feto e la sua espulsione, e che comunque tutto sarebbe avvenuto facilmente… come avere delle mestruazioni più dolorose del solito, così mi disse. Invece il dolore è stato molto più forte, le contrazioni molto più lunghe e la consapevolezza di quello che stava avvenendo rendeva tutto più nauseante, orribile e terribile insieme. Ed assistere a tutto questo è stato insopportabile.”

I dottori della legge hanno un gran parlare sulle esternazioni dei neo-governatori leghisti Roberto Cota e Luca Zaia, che intendono bloccarne l’utilizzo. “Le norme vanno rispettate”, tuonano dall’alto della loro superiorità morale. “Ci sono delle leggi, e vanno applicate”, sostengono. Peccato che all’epoca in cui la loro collega Emma Bonino utilizzava pompe di bicicletta per aspirare bambini dagli uteri delle sue pazienti – siamo negli anni 70 – l’aborto fosse considerato omicidio. Evidentemente ci sono leggi cui ci si deve attenere e leggi che invece si possono infrangere.
Emma Bonino quando uccideva bambini con la pompa delle biciclette

Emma Bonino quando uccideva bambini con la pompa delle biciclette

A questo ci siamo ridotti: a dover sostenere una battaglia di civiltà lanciata da leghisti. Che in queste ore stanno già facendo retromarcia.

Antonio Schiavone

Centro Servizi Acerra