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L’onda lunga dei pentiti ‘si abbatte’ sulla mala acerrana

Alfonso Piscitelli è solo l’ultimo di una lunga serie di collaboratori di giustizia che sta facendo luce sui business illeciti della camorra.
ACERRA – L’onda lunga dei pentiti si abbatte sulla mala acerrana. L’ultimo dell’elenco dei collaboratori di giustizia, infatti, Alfonso Piscitelli (nella foto), ha esteso la lista di coloro i quali hanno deciso di passare dalla parte dello Stato. Il ‘nuovo corso’ era cominciato con Pasquale Di Fiore, figlio del boss Mario, detto o’cafone, ai vertici dell’omonimo clan, ‘una sola cosa’ con i De Falco, di cui Impero, figlio del ras Ciro, ucciso in un agguato, pure aveva deciso di collaborare tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016. Risale a novembre del 2014, invece, il ‘passaggio’ di Vincenzo Di Nuzzo, alias ‘uocchioruss, con un colpo di scena nel bel mezzo di un’udienza processuale.
Poi è stata la volta di Gaetano Castaldo, detto o’ barbier, che ha svelato in breve tempo i retroscena dell’omicidio Caruso. Le sue dichiarazioni, inoltre, insieme a quelle di Impero De Falco, avevano aperto uno squarcio sul sistema di raccolta delle estorsioni e sullo smercio al dettaglio di droga. “Ad Acerra i proventi delle estorsioni li dividevano due gruppi – le dichiarazioni di Castaldo nei verbali tra luglio 2016 e febbraio 2017 – di cui uno facente capo al boss Vincenzo Di Buono, o’ marcianisiell” che sta scontando un definitivo pena per camorra. L’altro nome, invece, è quello di un imprenditore ad oggi incensurato, che per il pentito è colui che individuava le vittime da estorcere segnalandole al Di Buono, il quale a sua volta incaricava Castaldo e gli altri esponenti del clan di ritirare i soldi. Ciò che aveva impressionato del suo racconto è la mole di imprenditori soggetti al racket, la maggior parte dei quali operanti nel settore dell’edilizia e dei rifiuti, passando anche per l’alimentare, per i trasporti e le reti infrastrutturali.
Attività commerciali non solo acerrane, ma ubicate pure nelle zone limitrofe, come Polvica di Nola. Cifre che variavano da un minimo di mille euro a somme più cospicue. Un giro che secondo Impero De Falco era di circa 12mila euro al mese. Castaldo, poi, che confermava di aver continuato personalmente a riscuotere i soldi delle tangenti, aveva chiarito anche il funzionamento dello spaccio: l’imprenditore incensurato, secondo lui, gestiva in proprio l’hashish, grazie ad un suo canale personale su Marano. Circostanza, questa ribadita anche da De Falco: “Faceva ‘puntate’ importanti, anche di 100mila euro”. La cocaina ed il crack, invece, venivano comprate una volta a settimana al Parco Verde a Caivano “duecento grammi a settimana – secondo Castaldo – portandoli ad Acerra in scooter e per confezionarla ci aiutava un altro ragazzo, pure lui organico alla cosca, all’interno della sua abitazione. Di qui la divisione in 20/25 dosi alla volta distribuite a tre diversi gruppi” o a Castello di Cisterna – secondo De Falco “mezzo chilo al mese e 3/4 chili per volta. La compravamo a 40 euro al grammo e la vendevamo a 55, per un sistema andato avanti così fino ad ottobre del 2015”. Di tutti questi collaboratori, tuttavia, soltanto Di Fiore e Castaldo si sono visti riconoscere l’attenuante della dissociazione attuosa, cioè l’attenuante speciale ai pentiti applicata sulla pena finale.