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Le ONG mettono in pericolo la vita dei migranti
Mentre facciamo polemica su Salvini e i migranti tunisini (galeotti o no), le ONG continuano a mettere vite in pericolo nel Mediterraneo.
Segnaliamo l’ottimo pezzo di Francesca Totolo sul tema, dal quale si evince come in più occasioni «sono state proprio le ONG a mettere a rischio l’incolumità dei migranti, facendo il solito pull factor davanti alle coste libiche in determinati punti strategici e imbarcando cocciutamente persone su navi inadeguate al trasporto (vecchi pescherecci)».
Già il 6 novembre 2017 «cinque migranti morirono affogati a causa dell’irruzione della ONG Sea Watch». E il 21 aprile e il 25 maggio scorsi lo stesso modus operandi ha messo a rischio la vita di altri 120 migranti.
Anche l’ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone, ha dichiarato : “Nei salvataggi in mare, tutti devono rispettare le regole. Anche le imbarcazioni delle organizzazioni private. Il trasbordo dei migranti in navi che li portano nei porti italiani non risolve il problema, ma lo aggrava”.
Le Ong sfidano il governo: è battaglia nel Mediterraneo
di Francesca Totolo
https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/ong-sfidano-governo-battaglia-mediterraneo-87114/
Roma, 10 giu – Da due giorni le ONG tedesche, Sea Watch e Sea-Eye, stanno pubblicamente sfidando a duello il nuovo governo di Giuseppe Conte e in particolar modo il Viminale di Matteo Salvini.
Sea Watch e Sea-Eye hanno pattugliato per giorni lo specchio di mare antistante la zona di Beni Walid, diventata tristemente nota il 25 maggio perché teatro di una tragedia[1]: i migranti hanno provato a scappare da un rifugio dei trafficanti, e questi per non perdere “la merce” hanno aperto il fuoco sui fuggitivi.
Da qualche tempo, tutte le ONG impegnate nelle operazioni SAR in Libia si sono spostate curiosamente nella suddetta area di Beni Walid, abbandonando quella di Zuwara, a ovest di Tripoli, dove le Autorità di Sicurezza Libiche hanno arrestato diversi trafficanti e liberato centinaia di migranti pronti a partire per l’Italia.
In tre differenti “salvataggi” tra cui un curioso trasbordo dal Vos Purpose, rimorchiatore appartenente allo stesso armatore Vroon che locava la nave Vos Hestia a Save The Children fino all’ottobre scorso[2], Sea Watch e Sea-Eye, colti dal prevedibilissimo maltempo, hanno iniziato con le solite pressioni per ottenere dall’MRCC di Roma (Centro di Coordinamento Soccorsi Marittimi) l’autorizzazione allo sbarco in Sicilia, ovviamente mobilitando le istituzioni politiche straniere e le organizzazioni internazionali.
Malta, come al solito, ha negato ogni tipo di assistenza alle due ONG allo sbando, con un rimpallo di responsabilità con le autorità italiane.
L’inadeguata nave Seefuchs di Sea-Eye, in completa balia delle onde con a bordo 120 migranti e chiaramente comandata da dilettanti come già abbiamo documentato, è stata dapprima soccorsa da una nave cargo e successivamente dalla nave Diciotti della nostra Guardia Costiera.
Dopo due giorni di crisi nei quali l’MRCC di Roma ha negato l’accesso ai nostri porti (mai successo prima d’ora) e nonostante ciò Sea Watch ostinatamente si sia posizionata in acque territoriali italiane, le autorità hanno concesso alla ONG l’autorizzazione allo sbarco nel porto di Reggio Calabria.
Nel frattempo, la nave di Sea-Eye è stata scortata dalla Diciotti e da una nave cargo, a causa dell’impossibilità al trasbordo per le avverse condizioni meteo.
Arrivate nei rispettivi porti di sbarco, Sea Watch a Reggio Calabria e Sea-Eye a Pozzallo, i comandanti delle due ONG sono stati prelevati dalle autorità italiane e portati di fronte ai Magistrati negli uffici della Polizia Giudiziaria, per un lungo interrogatorio. Le autorità hanno altresì predisposto il sequestro dei materiali probatori a bordo delle navi, tra i quali i video del giornalista Fabio Butera de La Repubblica, che si trovava a bordo della nave di Sea Watch.
Possiamo affermare che, ancora una volta, sono state proprio le ONG a mettere a rischio l’incolumità dei migranti, facendo il solito pull factor davanti alle coste libiche in determinati punti strategici e imbarcando cocciutamente persone su navi inadeguate al trasporto (vecchi pescherecci).
Ora presentiamo due operazioni in zona SAR delle suddette ONG che possono essere paragonate a veri atti di pirateria, dove il bottino è rappresentato dai migranti letteralmente scippati alla Guardia Costiera Libica.
Forse Sea Watch non è ancora appagata da quanto successo il 6 novembre scorso quando cinque migranti morirono affogati a causa della sua irruzione[3].
Le vittime della tratta, infatti, sono diventate ormai un danno collaterale, per non dire uno strumento funzionale di propaganda, utile a sensibilizzare l’opinione pubblica e quindi efficace per riempire le casse delle organizzazioni non governative.
Gli episodi documentati di guerra dichiarata alla Guardia Costiera Libica e di consequenziale disinteresse verso l’incolumità dei migranti, sono due e risalgano al 21 aprile e al 25 maggio scorsi.
Paradossale che, a bordo della Sea Watch il 21 aprile, ci fosse come giornalista accredita Angela Caponnetto di RaiNews[4] che, presumiamo, abbia osservato quanto succedeva con un binocolo preso dal verso sbagliato.
Al timone della nave di Sea Watch troviamo il capitano Pia Klemp già membro dell’equipaggio delle barche speronatrici di baleniere di Sea Shepherd: una garanzia per la buona e pacifica condotta in mare.
Gli eventi del 21 aprile che avrebbe potuto causare un’ennesima strage per la spregiudicatezza sono i seguenti:
- In seguito alla segnalazione di un elicottero della flotta di EUNAVFOR MED Operazione Sophia, l’MRCC di Roma lancia un dispiaccio di soccorso alle navi (tutte le navi non solo a quelle delle ONG, come queste vorrebbero far credere all’opinione pubblica) che si trovano in prossimità di un gommone stipato di migranti, ma ancora in pieno galleggiamento (come mostrato dal video), posizionato in acque di competenza della Guardia Costiera Libica;
- La nave di Sea Watch risponde al dispaccio ma l’MRCC di Roma le nega l’autorizzazione al salvataggio perché la motovedetta libica sta intervenendo, e gli intima quindi di rimanere in stand by e distante dalla zona del soccorso;
- Nonostante gli ordini impartiti, i due gommoni di salvataggio di Sea Watch già in mare per una delle solite esercitazioni, si avvicinano all’imbarcazione dei migranti, opportunamente per essere scorti dagli stessi;
- Nella zona del soccorso arriva la motovedetta della Guardia Costiera Libica;
- I migranti, non volendo essere riportati in Libia (hanno pagato ai trafficanti fino a 6.000 euro per arrivare in Italia) si buttano in mare per raggiungere i gommoni di salvataggio di Sea Watch perché consapevoli che la ONG li porterà in Sicilia (evento fotocopia di quello che successe il 6 novembre 2017);
- A questo punto, la Guardia Costiera Libica, per evitare una nuova strage, lascia responsabilmente i soccorsi a Sea Watch;
- La ONG tedesca inizia così a imbarcare i migranti.
Il video mostra la goffaggine e l’inesperienza dei “volontari” di Sea Watch nelle operazioni di salvataggio. Il capitano Klemp sembra non riuscire nemmeno a governare la nave con un mare visibilmente calmo, scarrocciando più volte e speronando il gommone dei migranti che rischia più volte il ribaltamento. Infatti, a causa di queste manovre, molte persone finiscono in acqua rischiando l’annegamento e i “salvatori” rimangono interdetti invece di buttarsi prontamente in mare.
La stessa Guardia Costiera Libica cerca inutilmente di dare istruzioni a Sea Watch per aiutarla nelle operazioni. Ma questa non risponde.
Grazie al passo indietro dei libici, le 90 persone a bordo del “gommone della morte” sono state tutte imbarcate sulla nave di Sea Watch e poi traghettate, ovviamente, in Sicilia.
Ancora più allarmanti sono le immagini del video delle operazioni del 25 maggio scorso quando, nelle operazioni di soccorso, sono intervenuti simultaneamente due ONG tedesche, Sea Watch e Sea-Eye.
Nel frattempo, è avvenuto un passaggio di testimone al timone di Sea Watch: Pia Klemp è stata sostituita da Mal Holland, altro speronatore di baleniere sulle navi di Sea Shepherd.
I tracciati del transponder svelano chiaramente che il 25 maggio sia Sea-Eye sia Sea Watch erano all’interno delle acque di competenza della Guardia Costiera Libica, dopo diversi giorni passati al limite di queste come in un classico “canto delle sirene” rivolto ai trafficanti sulla costa.
Da qualche tempo, tutte le ONG impegnate nelle operazioni SAR in Libia si sono spostate curiosamente nella suddetta zona di Beni Walid come anticipato, abbandonando quella di Zuwara, a ovest di Tripoli, dove le Autorità di Sicurezza Libiche hanno arrestato diversi trafficanti e liberato centinaia di migranti pronti a partire per l’Italia.
Torniamo al 25 maggio: le due ONG, Sea Watch e Sea-Eye, si trovano già casualmente nella posizione in cui gli scafisti hanno condotto i “gommoni della morte” stipati di migranti, e senza attendere le direttive della Guardia Costiera Libica o dell’MRCC di Roma, hanno iniziato a trasbordare i migranti.
Questo il comunicato ufficiale della Guardia Costiera Libica che documenta quello che è avvenuto il 25 maggio (il tutto è confermato dal video): “Abbiamo ricevuto la segnalazione di 2 gommoni e così abbiamo trovato le ONG all’interno delle nostre acque territoriali. Uno dei gommoni era vicino alla nave di una delle ONG. Quindi ci siamo diretti verso l’altro. Abbiamo lì trovato la barca di salvataggio di una delle ONG che trascinava il gommone verso la nave madre. Gli abbiamo intimato di smettere di trascinarlo e che ci saremmo occupati noi delle operazioni di salvataggio. Dapprima hanno rifiutato gli ordini. Poi si sono fermati. Ma quando abbiamo iniziato il soccorso, una delle persone presenti sulla barca di salvataggio ha urlato ai migranti di buttarsi in mare e così circa 30 persone si sono gettate in mare”.
Quindi, i “volontari” delle due ONG hanno urlato ai migranti, che notoriamente non sanno nuotare, di buttarsi in mare (nel video si distinguono le voci dei militari libici che esortano i membri delle ONG a smettere di fomentare i migranti a buttarsi), per creare “morti strategiche” da imputare alla Guardia Costiera Libica, diventata il loro nemico giurato.
A suffragio della narrazione libica, presumibilmente suo malgrado, anche il video della troupe inglese di Chanel 4 News[5], a bordo della nave di Sea Watch, dove si scorgono i migranti lasciati al loro destino in acqua e i “volontari” della ONG che non intervengono in loro soccorso.
Le “vite umane perse” da Sea Watch, fortunatamente, sono state salvate dalla Guardia Costiera Libica.
Non servono ulteriori commenti ai due video che abbiamo pubblicato e che sono stati sapientemente ignorati dalla stampa di regime pro immigrazione.
Chiudiamo l’articolo con le dichiarazioni dell’Ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone, che sta svolgendo in Libia un’ottima missione diplomatica per stabilizzare il martoriato Paese, essenziale per fermare la nuova tratta degli schiavi: “Nei salvataggi in mare, tutti devono rispettare le regole. Anche le imbarcazioni delle organizzazioni private.(…) Il trasbordo dei migranti in navi che li portano nei porti italiani non risolve il problema, ma lo aggrava”.
Francesca Totolo
[1] Libia, trafficanti sparano su migranti in fuga: https://www.gazzettadiparma.it/news/italia-mondo/516173/libia-trafficanti-sparano-su-migranti-in-fuga.html
[2] Ancora sulla perquisizione a Save The Children: tutte le ombre dell’ONG: http://www.oltrelalinea.news/2017/11/02/ancora-sulla-pequisizione-a-save-the-children-tutte-le-ombre-dellong1/
[3] I “pirati” di Soros denunciano l’Italia – di Francesca Totolo: https://www.byoblu.com/2018/05/10/i-pirati-di-soros-denunciano-litalia-di-francesca-totolo-esclusivo-byoblu/
[4] Sea Watch, il drammatico salvataggio di un gommone con 90 migranti: http://www.rainews.it/dl/rainews/media/seawatch-soccorsi-migranti-Mediterraneo-Libia-c8bb0875-db8c-4e18-8948-9add7bf1a061.html
[5] Migrants saved in dramatic rescue off Libyan coast: https://www.youtube.com/watch?v=zQw4WaVqaQ0&feature=youtu.be