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ONG, migranti, scafisti e Soros
Molte di quelle che seguiranno sono notizie vecchie, benché è molto plausibile che non le abbiate mai lette. Le riportiamo perché abbiamo la sensazione che nei prossimi tempi le fake news sul tema abbonderanno da parte dei nostri liberi media.
Le ONG non salvano vite, ma aumentano il numero dei morti

Quando i trafficanti di schiavi avvistano le navi delle ONG buttano in mare i gommoni carichi di immigrati. E la gente muore.
Missing Migrants, progetto sviluppato e portato avanti da un’agenzia delle Nazioni Unite, si occupa di monitorare i dati relativi alle morti causate dall’immigrazione irregolare.
Guardiamo qualche grafico interessante:
Come si può facilmente dedurre e come era del resto ragionevole attendersi, le morti aumentano / diminuiscono proporzionalmente con l’aumento / la diminuzione degli sbarchi in Italia.
Il dato rilevante, però, è un altro: con la riduzione del numero delle imbarcazioni delle cosiddette organizzazioni non governative presenti davanti alle coste libiche e le connesse attività di ricerca e salvataggio della Guardia Costiera Libica, il numero delle partenze dalla Libia è drasticamente diminuito. Questo evidenzia ancora una volta il fattore di attrazione (pull factor) costituito dalle ONG quando si trovano nella zona SAR libica (zona di “Search And Rescue”, “Ricerca e Soccorso”).
In pratica, la presenza delle organizzazioni non governative è la garanzia per i trafficanti di esseri umani del “servizio traghettamento” verso i porti siciliani.
A sostegno dell’effettiva esistenza del pull factor (che tutti i centri pro immigrazione si ostinano a negare) e del connesso aumento delle morti nel Mediterraneo, il grafico seguente è particolarmente esemplificativo. Riguarda il periodo pre-elettorale italiano, quando tutte le ONG, curiosamente, si trovavano ancorate nei rispettivi porti di appoggio: gli esigui sbarchi durante il suddetto arco temporale non provengono dalla rotta libica (rotta tunisina) e non sono stati effettuati dalle organizzazioni non governative.
Si evince facilmente che i gommoni e i barconi stipati dai trafficanti non partono quando le ONG non sono presenti in zona SAR (pull factor).
E meno gommoni partono meno migranti muoiono in mare.
Anche il rapporto di EUNAVFOR MED Operazione Sophia, inviato alle istituzioni europee il primo marzo 2018, conferma il pull factor causato dalle ONG presenti in zona SAR libica: “Esiste una forte correlazione tra la presenza delle ONG, le partenze dei migranti dalla costa della Libia e quindi l’attività della Guardia Costiera Libica”. La dichiarazione è convalidata dai grafici presenti nel rapporto.
Se ancora non bastasse, anche analizzando la proporzione tra le morti e le partenze dalla Libia (ovvero l’incidenza dei morti rispetto alle partenze), risulta evidente come le operazioni in zona SAR libica delle ONG e altresì quelle della Guardia Costiera Italiana non solo hanno aumentato il pull factor che ha spinto migliaia di migranti a partire prima dai Paesi di origine e poi dalle coste libiche, ma hanno accresciuto anche l’incidenza delle morti in mare.
Per questo motivo, è irragionevole continuare a sostenere le attività private davanti alle coste della Libia (spesso in acque territoriali) delle organizzazioni non governative.
Chi persiste in questo tipo di propaganda è il chiaro mandante morale dei migranti morti e che moriranno nel Mediterraneo.
Le uniche soluzioni possibili, per scongiurare le inutili morti in mare, sono il proseguimento della formazione della Guardia Costiera Libica, l’invio di mezzi, strumenti e risorse a Tripoli idonei al pattugliamento delle coste, all’arresto dei trafficanti e alla migliore gestione dei centri di detenzione governativi dove già operano gli operatori di IOM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), e infine il blocco definitivo delle operazioni di ricerca e soccorso delle ONG che troppo spesso si sono altresì rivelate dilettantesche e piratesche, mettendo ancor più in pericolo le vite dei migranti.
Tutti i dati e le considerazioni sono tratti dall’ottimo lavoro svolto da Francesca Totolo:
Le ONG “salvano vite”? No: sono la causa delle tragedie in mare- di Francesca Totolo
I rapporti tra ONG e scafisti
Diverse indagini sono in piedi per fare luce sui rapporti tra alcune ONG che imperversano nel Mediterraneo e gli scafisti responsabili dei rischiosi viaggi in cui molti perdono la vita.
Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina l’ipotesi di reato. Ad agosto dell’anno scorso, per esempio, è stata sequestrata la nave Iuventa della ONG tedesca Jugend Rettet. Secondo la Procura di Trapani sembra che ci siano stati contatti telefonici tra i trafficanti di esseri umani e il personale della nave. Agli atti anche alcune fotografie scattate da un agente sotto copertura.
Organizzazione non governativa che, come si può notare dalla foto qui sotto, ha un alto rispetto delle istituzioni italiane.
Nelle carte dell’inchiesta, che ha avuto inizio nell’ottobre del 2016, emerge anche che, in uno degli episodi contestati, uomini dell’equipaggio della Iuventa avrebbero consentito a persone che operavano al confine delle acque territoriali libiche di recuperare tre imbarcazioni utilizzate dai migranti per la partenza dalle coste nordafricane, una delle quali è stata poi riutilizzata il 26 giugno per un’altra partenza. Insomma, dopo aver ritirato il pacco di migranti, sembra che abbiano restituito l’imbarcazione agli scafisti per permettergli di organizzare un altro viaggio.
A marzo di quest’anno è stato il turno della nave dell’ONG spagnola Proactiva Open Arms, su richiesta della Procura di Catania, poi dissequestrata dal giudice di Ragusa per competenza territoriale. L’imbarcazione battente bandiera iberica ha disobbedito agli ordini della Guardia Costiera italiana e rifiutato di coordinarsi con la Guardia Costiera libica, che stava giungendo sul posto. Autorità libiche che, a quanto pare, avrebbero poi intimato all’organizzazione di consegnare le persone salvate, senza ottenere risposta e non riuscendo ad impedire il successivo viaggio in Italia (nonostante l’ordine di far sbarcare i clandestini a Malta).
A suscitare ulteriori dubbi anche la circostanza che già il giorno prima, quando i gommoni non erano ancora salpati dalle coste libiche, la nave di Open Arms lasciava Malta e si dirigeva direttamente verso Khoms, l’area di partenza dei migranti che avrebbero preso il mare, però, solo il giorno dopo. L’ONG spagnola sembrava, dunque, sapere in anticipo da dove sarebbero partiti i migranti. E non sarebbe stata neppure la prima volta: da Tripoli hanno fatto notare, dati alla mano, che già il 18 febbraio due natanti erano salpati sempre da Khoms “e avevano puntato dritti verso la nave di Open Arms”.
Ma nell’occhio del ciclone sono finite, a più riprese, anche altre organizzazioni, come Medici Senza Frontiere e Save the Children.
Quest’ultima, in particolare, ha concluso le operazioni di ricerca e salvataggio nel mese di ottobre, in seguito alla perquisizione della nave Vos Hestia, dove le autorità hanno rintracciato persino un “tariffario dei salvataggi” e indagato il comandante Marco Amato.
George Soros, il noto filantropo ungherese naturalizzato americano, finanzia le ONG
Forse lo ricorderete per l’attacco speculativo alla lira nel 1992, che costrinse la Banca d’Italia a vendere 48 miliardi di dollari di riserve per sostenere il cambio, portando a una svalutazione del 30% della nostra moneta e all’estromissione della lira dal sistema monetario europeo.
Copiamo e incolliamo da un altro articolo di Francesca Totolo, pubblicato su http://www.lucadonadel.it.
I suoi passatempi con le monete nazionali però non rimasero impuniti in altri stati: in Francia fu processato e giudicato colpevole di “insider trading”, e dovette sborsare 2 miliardi di dollari; in Indonesia fu condannato all’ergastolo e in Malesia, invece, alla pena di morte.
Poi come San Paolo, il Soros ebbe l’illuminazione sulla via di Damasco.
Ecco che da “avido” speculatore senza scrupoli, George Soros si trasforma nel benevolo filantropo, patron di ogni causa che riguardi la discriminazione e che impedisca una società civile “aperta” e inclusiva. Con il passare degli anni, la sua Open Society Foundations si impone come regina in ambito “umanitario”, occupandosi un po’ di tutto, dai diritti civili delle persone LGBT a quelli dei migranti musulmani in territorio europeo, aspirando ad un mondo senza confini di popperiana memoria.
La sua fondazione è molto attiva anche nel nostro Paese sostenendo diverse associazioni (Onlus e Migranti in Italia), e interagendo a vario titolo anche con illustri rappresentanti delle nostre istituzioni, come membri del parlamento nostrano ed europeo, e del governo, nonché con i sindaci delle città più esposte ai flussi di migranti.

La rete della lobby dell’immigrazione in Italia è composta da ONG internazionali finanziate da Open Society (in verde), ONG Italiane sempre finanziate da Open Society (in blu) e organizzazioni con progetti condivisi con OSF (in viola).
Tanto ancora si potrebbe aggiungere su Soros e sui suoi compari italiani, per i quali rimando all’ottimo articolo ancora una volta di Francesca Totolo.
Di certo, il miliardario non è persona sconosciuta al nostro precedente Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni.
Antonio Schiavone