Ci dicono che c’è crisi, c’è bisogno di sacrifici, di tirare la cinghia per mettere i conti a posto. Ci hanno raccontato che andare a votare non avrebbe risolto nulla, perché nessun partito avrebbe messo mano alle riforme necessarie in quanto impopolari. Ci hanno imposto un governo di tecnici perché, sostenevano, ha le mani più libere per decidere. E invece (il corsivo è di Marcello Veneziani) “non tocca la Casta perché sennò perde i voti in parlamento; non tocca la Chiesa perché perde la sua benedizione ai tanti ministri devoti; non tocca banche, oligarchie e interessi forti perché ne è emanazione”.
Non si fa scrupolo però di mettere le mani nelle tasche dei privati cittadini, vessandoli fino al midollo. Del resto, come ci ricorda Blondet, tutti i totalitarismi nella storia hanno sempre giustificato i propri arbìtri contro il popolo con lo stato di necessità. La necessità del nostro tempo evidentemente è quella di pagare gli interessi agli usurai (tra cui ci sono i datori di lavoro del nostro premier).
Così si è aperta la caccia grossa all’evasore, per il tripudio di Attilio Befera, il capo di Equitalia: “Segreto bancario finito, ora abbiamo più poteri. Così scopriremo gli evasori”. Non sfugga una cosa: anche prima il fisco poteva richiedere alla banca qualsiasi tipo di informazione riguardante suoi clienti sospettati di evasione, e la banca era obbligata a fornirli senza indugio alcuno. La nuova norma invece prevede l’obbligo per gli istituti di credito di inviare in automatico il rendiconto annuale di tutti i conti correnti, i conti di deposito, i titoli, le operazioni tramite carte di credito e quelle effettuate agli sportelli. Il cambio di paradigma è evidente: prima si effettuavano accertamenti mirati, ora siamo tutti sotto indagine.
“Il tripudio, vicino al delirio d’onnipotenza, è dovuto al coronamento del sogno di ogni alta burocrazia – specie italiana: esercitare il controllo totale su tutti i privati, ficcare il naso negli affari minimi di ciascun contribuente, a scopi polizieschi o semplicemente per godere del potere indebito di farsi i fatti altrui. L’alta burocrazia guarda ai cittadini (che la pagano) come nemici (perché non la pagano abbastanza) e comunque come sospetti da tenere sotto sorveglianza e da smascherare. O almeno, da tenere sotto schiaffo con il continuo timore di essere colti in fallo dall’occhio onnipotente del Pubblico Potere. Per la burocrazia pubblica, tributaria, giudiziaria o comunque castale, i cittadini privati sono sospetti in via di principio, in quanto esercitano atti di volontà privati; ossia esercitano, per dirla in breve, la libertà. La ‘cultura’ burocratica pubblica ammette come lecite solo le azioni dei cittadini e contribuenti quando coincidano con la Volontà Generale. Se costoro esercitano atti secondo la loro volontà particolare e personale, essi delinquono. O sono sospettati di delinquere”.
Qualcuno di voi obietterà – indottrinato dalla propaganda di regime – che chi non ha nulla da nascondere non ha nulla da temere, ignorando persino di citare Adolf Hitler. E ignaro di stare affermando esattamente l’ideologia di fondo alla base di ogni totalitarismo. I più stolti manifestano addirittura il loro entusiasmo, sproloquiando di trasparenza, giustizia ed equità. È il trionfo della neo-lingua orwelliana: trasparenza sta per controllo totale, giustizia significa oppressione ed equità vuol dire difesa dei privilegi.
Come qualificare in altro modo una manovra tanto punitiva? Una manovra che porta la pressione fiscale nel nostro paese – già elevatissima – a più del 45% del Pil; in realtà la pressione effettiva (ossia se si tiene conto del sommerso, cioè di quanti producono evadendo le tasse) tocca quota 54% . Una percentuale enorme: in pratica, per ogni euro che un lavoratore si porta a casa, 54 centesimi vanno allo Stato spoliatore. Uno si alza la mattina alle 7:00 per andare a lavorare (non mi risulta che nessun burocrate statale si rechi al lavoro insieme a lui) e a fine giornata più della metà di quanto gli spetta per il suo lavoro gli viene sottratta in tasse e balzelli vari. E poi quando uno prova a lamentarsi, si sente rispondere che “pagare le tasse è bello” (sicuramente riconoscerete in questa presa per il culo la firma del defunto Padoa Schioppa).
Pagare le tasse è bello per la Casta, che le tasse non le paga. Ecco, è proprio la Casta il potere forte che sta dietro Monti. “Non il Bilderberg, non Goldman Sachs – o meglio, anche quelle entità – ma soprattutto, i parassiti pubblici come corpo sociale, come blocco unitario. Quando si dice che l’attuale governo configura una sospensione della democrazia, si prenda coscienza di questo: che è la Casta ad avere fatto il putsch. Per mantenere i suoi innumerevoli privilegi”.
Non si è spesa una parola, ad esempio, sui cosiddetti rimborsi elettorali ai partiti, che sono in realtà finanziamento pubblico, tra l’altro illegale visto che nel 1993 il 90% degli italiani (sottolineo: novanta italiani su cento) decise tramite referendum di vietarlo. Guardandosi bene dal rispettare la volontà degli elettori, i partiti stessi si aumentano i rimborsi (peccato che incassino di contributi parecchie centinaia di milioni in più di quanto effettivamente spendano) ad ogni elezione.
In compenso, si discute di liberalizzare le licenze dei tassisti. Ci dicono che così facendo, prendere il taxi costerebbe di meno a noi risparmiatori. Facciamo pure finta che sia vero, ma – mi chiedo, come se lo chiede Blondet – quanto incide la spesa per il taxi nel bilancio di una famiglia? Incide forse quanto l’ICI, la benzina a € 1,70 al litro, l’IVA al 23%? Ridicoli.
Se davvero l’obiettivo è quello di aumentare la competitività e l’efficienza riducendo i costi, perché non si parte dalla spesa pubblica, che è passata in trent’anni dal 29% al 55% del Pil? Secondo la Corte dei Conti (450 mila euro di stipendio per ogni consigliere) la corruzione della pubblica amministrazione costa agli italiani 60 miliardi di euro l’anno: quanto due o tre finanziarie. Perché non stroncare – con le cattive, con licenziamenti in tronco – questo costo, sicuramente non competitivo? Perché continuare a pagare 22 mila euro mensili netti ad ogni deputato siciliano, regalandogli una pensione di 3 mila euro mensili a 50 anni dopo una sola legislatura? Liberalizzare le professioni: d’accordo, “ma che ne dite di ridurre le spese per auto-blu a Brindisi, dove costano mezzo milione di euro l’anno? O liberalizzare Potenza, dove per le 2 auto-blu sono stati assunti 95 addetti? O i 500 mila che in Italia campano direttamente di cosiddetta politica, ossia di parassitismo pubblico?”
Poi ci si riflette un po’ su e tutto torna: a dare l’incarico a Monti non è stato forse il primo membro della Casta, l’inquilino del Quirinale che costa ai contribuenti italiani 12 volte di più di quanto la monarchia britannica costa agli inglesi? I ministri del governissimo del Presidente non sono per lo più professori universitari, ossia dipendenti pubblici che in tutta la loro vita non si sono mai esposti al mercato, o anche generali, ambasciatori, dirigenti – esponenti in ogni caso di qualche Casta? Ed a sostenere questo governo non è forse la casta dei parlamentari – destra, sinistra, centro, tutti insieme appassionatamente – con lo scopo manifesto di evitare qualsiasi riduzione dei propri privilegi?
“Gente che i soldi dallo Stato li prende (e tanti) e che per questo è avversa alla popolazione che i soldi allo Stato li dà, perché a suo giudizio non ne dà mai abbastanza. Il nucleo della ‘lotta politica’ in Italia è tutto qui. Rozzo, semplificato, ma reale”.
Tutto questo – sia chiaro – a prescindere dall’oligarchia finanziaria mondiale, dall’Europa dei banchieri, dal complesso militare-industriale americano, dalle avide multinazionali che hanno in mano le redini del potere. Ma se non siamo capaci di liberarci dalle rozze ed incapaci caste nostrane – così vicine a noi – con le loro meschinità ed angherie, come possiamo anche solo pensare di sollevarci dal giogo dell’usurocrazia mondiale?
Antonio Schiavone
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