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Radicali liberi
Non smetteremo mai di stupirci per le tragiche farse di cui la politica italiana è sempre più spesso autrice e protagonista. Una semplice formalità burocratica (presentazione delle liste con conseguente corredo di firme false, come da prassi) è diventata l’occasione scatenante per le due opposte tifoserie da stadio di scannarsi a vicenda. Raccontiamo brevemente la trama per quei pochi fortunati che ne sono all’oscuro.
In pratica, il partito con il più vasto seguito popolare in Italia, che gode di una maggioranza mai vista alle Camere, si è auto scaraventato in un vortice di carte bollate, ricorsi e decreti salva liste dalla dubbia efficacia.
I professionisti della politica che siedono alla destra del Cavaliere dall’erezione permanente hanno mostrato senza vergogna alcuna la propria incapacità e imbecillità. Non hanno esitato a fare sfoggio ancora una volta del loro “atteggiamento tipicamente italiota che guarda alle norme, agli impegni presi, agli orari, come a fastidiosi piccoli ostacoli di cui è stupido tener conto”, come scrive il direttore di EffeDiEffe, Maurizio Blondet.
Che continua: “Qui si tratta di gentuccia con pochi scrupoli perché non ha carattere. Si chiama più precisamente pelo sullo stomaco dovuto al fatto di essere mezze calzette, incapaci di darsi un minimo di rigore e di auto-disciplina. Si chiama pressapochismo. Pressapochismo è la definizione del lodo Alfano, impallinato e impallinabile dai giudici; pressapochismo le storiacce con le escort e con le massaggiatrici di Bertolaso, quello che passa col rosso; pressapochismo è l’esercizio serale del «giornalismo» di Emilio Fede. Siamo al disotto di ogni nozione, anche vaghissima, di cultura politica. Mai capace di violare apertamente la legalità in nome della legittimità che proclama essergli data dal popolo, Berlusconi e i suoi ministri avvocati cercano, stupidamente, di darsi una legalità elastica; a forza di abitudine al pressapochismo legale, hanno trascurato la necessità di arrivare in orario almeno per le liste elettorali”.
Ovviamente le pseudo-sinistre non hanno perso tempo ad approfittare di una così ghiotta occasione servita su un piatto d’argento e gridano al colpo di stato, all’emergenza democratica, allo svilimento delle istituzioni e chiamano la piazza a insorgere contro il dittatore.
Anche questo un copione non certo inedito. Verrebbe da chiedere loro se davvero credono a quel che dicono, e magari di spiegarsi un po’ meglio.
Berlusconi dittatore? Un settantenne affetto da turbe psichiche il cui unico pensiero è fare bella figura nel lettone di Putin (o in quello – recente acquisto – di Napoleone)?
Colpo di stato? E quale sarebbe lo stato, nella loro fantasiosa immaginazione? Davvero si riferiscono a questa Italia a sovranità limitata, oggetto nel recente passato di una colossale svendita – che continua tutt’oggi – alla finanza internazionale?
Svilimento delle istituzioni? Quelle stesse istituzioni che la politica tutta ha creato, nei decenni, con il preciso scopo di moltiplicare le occasioni di furto e saccheggio del denaro pubblico?
Siamo seri, per favore. Interloquire con questi figuranti – che vorrebbero farsi credere immacolate verginelle – buoni solo a far caciara è fiato sprecato.
Per carità, comprendiamo la loro frustrazione di eterni sconfitti: l’unico modo che hanno per vincere qualcosa è partecipare da soli; ma non capire (o fingere di non capire) la differenza tra legittimità e legalità non li pone certo al di sopra della concorrenza. Pronti a riempirsi la bocca di “rispetto delle regole”, non ho sentito o letto su alcuno dei grandi media nessuna esternazione sulla quarta candidatura di Formigoni a governatore della Lombardia, espressamente vietata per legge. Sarà perché anche Errani si ripresenta in Emila Romagna per l’ennesima volta, violando le norme?
Gli unici vincitori in questa immensa bagarre, da loro con sapienza alimentata, sono i radicali. Ancora una volta magistrale Blondet:
“Inviterei piuttosto ad ossservare il gioco dei radicali, che sono i padroni della scacchiera. Tanto per cominciare, figli di un partito che non prende mai più del 3 per cento (che dunque l’elettorato ostinatamente non vuole) si sono ficcati di qua e di là: ci sono radicali da entrambe le parti, sicchè alla fine siamo liberi di votare un radicale. Inoltre: non contenti della candidatura Bonino in Lazio (parassitando la carogna delle “sinistre”), hanno tentato di presentare liste proprie (PannellaBonino o qualcosa del genere) in varie provincie, e non sono riusciti a raccogliere il minimo di firme (altro segno che nessuno li vuole); allora, hanno sollevato la questione delle firme irregolari o false di Formigoni (falsissime, come però sempre e come si fa da tutti i partiti: prima le firme, poi la lista alle quali sono poste in calce). Emma e il suo padrone di sempre volevano che le elezioni fossero rimandate. E adesso, la Bonino minaccia di ritirarsi dalla competizione elettorale, perchè “non si può sedere al tavolo con i bari”. Intanto, radicali-liberi stanno con i bari di qua e di là… Non credo che la Bonino si ritirerà davvero, ma a che gioco stanno giocando? Vogliono esercitare un’egemonia totale, con i voti altrui”.
Cos’altro aggiungere? A sostegno dell’intento che Blondet attribuiva ai radicali il giorno della festa delle donne, è arrivata puntuale il giorno dopo la conferma di Pannella, che dall’assemblea nazionale proponeva “una sanatoria sul piano delle firme per coloro che hanno già presentato nei termini previsti le liste e, per poter consentire un minimo di campagna elettorale seria e fatta bene, spostare di 30 giorni la consultazione elettorale”.
Non c’è che dire: ripetutamente spernacchiati dall’elettorato italiano, non si perdono mai d’animo questi radicali.
La domanda è se a sostenerli sia semplicemente la fiducia nei propri mezzi o piuttosto le amicizie dei circoli che contano.
Antonio Schiavone