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La chimica della Pizza del Prof. Maurizio Paci e della dott.ssa Di Carluccio
“Pizza” il cui nome resta intraducibile in tutte le altre lingue e accomuna l’interno mondo per il suo caratteristico sapore riceve un attacco del tutto gratuito. Conosciuta da tutti riesce a conquistare in poco tempo non solo le tavole italiane ma anche quelle estere. Il motivo? Oltre ad essere un piatto semplice e veloce da preparare nasconde proprietà benefiche non indifferenti.
“La pizza è un prodotto vivo” che raggruppa tutti gli ingredienti della dieta mediterranea in un unico piatto: I pomodori contenenti licopene, carotene, vitamina C inoltre sono ricchi di acqua al 94%, carboidrati rappresentano quasi il 3%, mentre le proteine sono calcolate intorno all’1,2%, fibre all’1% e, da ultimo, grassi rappresentano solamente lo 0,2%. Per questo, cento grammi di pomodoro fresco apportano solamente 17 Kcal. I pomodori contengono discreti quantitativi vitaminici: si ricordano vitamine del gruppo B, acido ascorbico, vitamina D e soprattutto vitamina E, che assicurano al pomodoro le note proprietà antiossidanti e vitaminizzanti. Modico anche il contenuto di acidi organici, quali malico, citrico, succinico, utili per favorire la digestione. La mozzarella di bufala campana è un formaggio facilmente digeribile, con un ridotto contenuto di lattosio e di colesterolo, è un’ ottima fonte di proteine ad elevato valore biologico, a cui si accompagna un moderato apporto di grassi. Inoltre, il formaggio fornisce elevate quantità di calcio e fosforo, di vitamine idrosolubili quali la B1, B2, B6 e niacina; è infine, una buona fonte anche di vitamina E e zinco, sostanze che contribuiscono a contrastare l’azione negativa dei radicali liberi. Altri ingredienti da non sottovalutare sono le spezie: origano che contiene sostanze quali timolo e carvacrolo che gli conferiscono svariate proprietà terapeutiche: antalgico, antisettico, analgesico, antispasmodico, espettorante, stomachico e tonico; utilizzato anche nei dolori reumatici come antinfiammatorio. L’aglio avente attività antibiotica grazie al bisolfuro di allile, allipropile allicina, garlicina insieme all’ attività antisettica e balsamica. Da non dimenticare il basilico con proprietà sedative, antispastiche, diuretiche, antimicrobiche e antinfiammatoria. Infine l’olio extra vergine d’oliva contenente polifenoli che viene aggiunto alla fine a crudo è il fondamentale collante che cattura antiossidanti, vitamine e sali minerali. Dal 5 febbraio 2010 la pizza è ufficialmente riconosciuta come “Specialità tradizionale garantita” della Comunità Europea e questo significa che per potersi fregiare di tale marchio STG essa deve essere preparata con ingredienti e metodiche codificate. In particolare, l’unica operazione che può essere effettuata a macchina è la preparazione dell’impasto. Il taglio in panetti e la manipolazione della pasta per ottenere il disco devono essere fatti a mano. Il business della pizza vale 63 miliardi di euro: ci sono in Italia 42 mila pizzerie, circa 100 mila addetti, di cui il 60% sono italiani. La tutela la si ha con la STG ma purtroppo in Italia le pizzerie che sono fregiate di tale marchio sono ancora poche motivo per cui bisognerebbe patrimonializzare non solo la dieta mediterranea ma anche la pizza badando non solo agli aspetti economici ma soprattutto agli effetti benefici atti a migliorare la qualità della vita e sono davvero convita che anche la questione della “pizza cancerogena” rappresenti un ennesimo attacco alla meravigliosa e singolare città partenopea.
Si è parlato in questi giorni della pizza cancerogena, la causa sarebbe ricondotta alla cottura a legno che lascia poi il fondo e altre parti della pizza annerite, è vero ?
Intanto il termine cancerogeno e’ assurdo e impreciso. Ci sono sostanza mutagene in grado cioè di interagire con il DNA che sono prodotte e dalla combustione di alimenti (es. farina) e dal legno. Sono presenti in bassissime quantità in prodotti da forno molto scuri, nella carne alla brace, nei cibi cotti alla piastra (ad es. mozzarella) e affumicati. La Comunità Europea si è molto dedicata a tale problematica concludendo che in molti casi la loro mutagenicità e’ temperata dalla bassissima concentrazione di queste sostanze negli alimenti; del resto sono le stesse presenti nel fumo della carta, della gomma compresa quella dei pneumatici. Solo alcune di queste sostanze sono classificate cancerogene e riportate nel catalogo normativo di gestione delle sostanze chimiche, REACH, (il famoso benzopirene). Naturalmente il fumo prodotta dalla fiamma alta è molto caldo e ricco di queste sostanze. La brace è da sempre la forma migliore di cottura. La fiamma alta genera molte reazioni indesiderate negli alimenti.
Si dice che le sostanze tossiche vengano sviluppate dai cibi cotti a temperature troppo alte, vi sono altri alimenti a rischio ?
Non e’ un problema di temperatura ma di calore ovvero “Temperatura per tempo”. Infatti anche a bassa temperatura se si cuoce un alimento troppo a lungo si sviluppano sostanze indesiderate come esempio nel latte bollito troppo a lungo si sviluppa sapore e odore di latte troppo cotto.
Molti hanno incolpato i pizzaioli per la pulizia scorretta del forno, questa infatti permette a residui di farina carbonizzata e fumi di danneggiare l’infornata successiva. Secondo Guido Perin, eco-tossicologo dell’Università di Venezia “Non necessariamente uno che mangia la pizza prende un tumore, ma la farina bruciata che resta sul fondo del forno (e annerisce il bordo o il sotto della pizza) “è come un combustile bruciato, ha una sua componente di rischio”. Il suo parere al riguardo ?
Il principio generale è che la pulizia porta ad una migliore condotta nella cottura. Non mi pare che sia un consiglio da dare in forma terroristica (il tumore) ma la cottura e croccantezza della pizza ci guadagna. Del resto la farina in eccesso sul sotto è quella che genera combustione e quindi basta evitare di accumularla: è come
se in casa facessimo i dolci sempre nella stessa stoviglia senza lavarla mai.
Faceva eccezione la vecchia padella di ferro su cui doveva rimanere
una piccola traccia di olio di frittura per evitare che arrugginisse.
Concludo sottolineando che è poco corretto usare l’olio di semi per friggere “ il sotto della pizza” perché durante la cottura a basse temperature avviene la decomposizione dell’ olio motivo per cui sarebbe meglio utilizzare quello che resiste di più (punto di fumo alto) ovvero l’olio di arachidi che non a caso risulta essere il più costoso tra tutti.
Ci sono altre precisazioni a riguardo?
La pizza è un ottimo alimento ma se ve la danno bruciata mandatela indietro. Il vero problema della pizza è la buona cottura, specie se è alta, ma anche in quella bassa. Infatti quello che la rende “ pesante” è la scarsa cottura della parte centrale: in questo modo non si eliminerebbe l’attività dei lieviti dell’impasto che oltre a rendere la pizza molto gommosa impedirebbe una veloce digestione poiché si continuerebbero a produrre gas nello stomaco causati dalla fermentazione.