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Santoro e la libertà di espressione
Salviamo Annozero. Esprimiamo la nostra solidarietà a Santoro, reintegrato dai giudici al modico stipendio di € 662.000 l’anno (e pensare che alla Rai non è neppure tra quelli che guadagnano di più). Battiamoci per la libertà di espressione, tutelata dal sacro libro della Costituzione. Michele, faro del giornalismo italiano, merita questo e molto di più.
No, scherzo. Facili ironie milionarie a parte, credo che – nonostante tutto – sarebbe un danno per i cittadini se Santoro e Travaglio non andassero più in onda. Solo non sopporto tutta quella pletora di loro tifosi che in queste ore strillano: “In Italia c’è la dittatura berlusconiana, i media sono allineati al potere, la libertà di informazione non esiste”. E non li sopporto perché – malati ormai terminali di ABOC (AntiBerlusconismo Ossessivo-Compulsivo) – sono gli stessi che denigrano Sallusti e Feltri per esempio. Dimostrando così di essere degni della insulsa classe politica che ci ritroviamo. Difendono non il principio, ma la propria squadra del cuore. Anche e soprattutto in politica, infatti, noi italiani siamo tifosi. Lesti a sorvolare sugli sgambetti e le furbizie dei nostri beniamini, aggueritissimi non perdoniamo ai nostri avversari il minimo sussurro.
Faccio mio il pensiero espresso con la consueta chiarezza da Maurizio Blondet, direttore di Effedieffe:
“Secondo me, sono due gruppi di giornalisti egualmente bravi, in quanto ausiliari della democrazia: conducono inchieste dure e cattive, con ostinazione ed insistenza, pagando il prezzo di errori che sono frequenti proprio per chi fa giornalismo utile, ossia contro i poteri intoccabili. Le motivazioni di Sallusti e di Feltri non piacciono ai lettori, perché sono al servizio di Berlusconi. Travaglio e Santoro sono al servizio dell’opposizione antiberlusconica, o no? Ciò non toglie che l’inchiesta sulla casa che Fini ha svenduto ai Tulliani, come le inchieste su Affittopoli, sono grandi e utili inchieste: il cittadino ha da sapere che tizi occupano le alte cariche delle Istituzioni. Ai Travaglio e ai Santoro il compito di fare inchieste, motivate da odio politico, contro Berlusconi e i suoi yes-men, compari e amichette: i cittadini hanno pari interesse a sapere.
Come disse un giornalista americano: Notizia è solo ciò che qualcuno ha interesse a nascondere. Tutto il resto è pubblicità.
Ecco, a non rischiare mai niente, né querele né irruzioni di giudici ostili, sono i giornalisti che diffondono pubblicità: come funziona bene la nuova Fiat, come ha ragione Veltroni (o Tony Blair) Israele si sta solo difendendo, l’11 settembre l’hanno fatto i musulmani, il papà pakistano che ha ucciso la figlia è un islamista e i musulmani devono accettare i nostri valori (quelli degli zii del Salento?) Al Qaeda esiste davvero come dice la propaganda USA… insomma, sono di questo genere i Mentana, i Fazio, i Lerner, e quell’altro di Matrix, come si chiama? Vinci. Fanno solo pubblicità a qualche potere forte.”
E mentre noi – cittadini-ultrà – ci azzuffiamo sugli spalti, non ci accorgiamo che i nostri beniamini all’uscita dal campo si dirigono nello stesso spogliatoio a ricevere le direttive dell’allenatore unico. Illuminante l’articolo pubblicato il 15 ottobre su Repubblica, ‘Shoah, appello contro il negazionismo’ (link), che riportiamo.
Shoah, appello contro il negazionismo
Una legge per punire chi nega la Shoah. Questo l’appello che il presidente della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, ha lanciato dalle pagine di Repubblica alla vigilia della ricorrenza della deportazione degli ebrei romani da parte dei nazifascisti, avvenuta nel ghetto di Roma il 16 ottobre 1943. Un provvedimento necessario dopo alcuni episodi di negazionismo, come l’ultimo in ordine di tempo, la lezione del professor Claudio Moffa all’Università di Teramo. Appello raccolto dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ha manifestato il proprio sostegno oltre all’impegno ad assumere “al più presto ogni iniziativa legislativa volta a contrastare gli irresponsabili profeti del negazionismo”. Stessa disponibilità da parte del presidente del Senato, Renato Schifani, che assicura tempi rapidi per una tempestiva discussione a palazzo Madama.
Letta: “Governo impegnato contro negazionismo”. “Il governo è impegnato per la verità, contro il negazionismo”, scrive il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, in una lettera al presidente della comunità ebraica romana in occasione della ricorrenza della deportazione degli ebrei della Capitale. “Le posso assicurare – sostiene Letta – che il governo non lascerà nulla di intentato perché prevalgano sempre la verità e la storia, unite a un sentimento di profonda pietà per i nostri concittadini scomparsi, così da costruire un futuro di pace e di amore per tutta l’umanità e per la città di Roma”. “Ciascuno di noi, tanto più se rappresenta le istituzioni – garantisce il sottosegretario – sente pressante l’obbligo di denunciare” quelle atrocità. “Vorremmo, signor presidente – scrive ancora Letta rivolgendosi a Pacifici – che la celebrazione di questa dolorosa ricorrenza rafforzasse l’impegno del nostro Paese nel contrastare voci negazioniste persino nelle università, fortunatamente in modo isolato, ma presenti in misura più preoccupante nella rete web. Voci che contraddicono la Storia”.
Il sostegno di Gasparri. Maurizio Gasparri, presidente del gruppo Pdl al Senato, condivide l’impegno a discutere una norma per introdurre il reato di negazionismo. “Accogliendo l’auspicio di Riccardo Pacifici e l’impegno del presidente Schifani – annuncia Gasparri- chiederò a Pacifici un incontro per definire i contenuti di questa iniziativa legislativa che il Pdl sarà onorato di sostenere in Parlamento”.
Di Pietro: “Occorrono norme che frenino questa deriva pericolosa”. Anche l’Italia dei Valori sosterrà l’approvazione di una legge contro il negazionismo. “In questi tempi bui, segnati da un dilagante antisemitismo – afferma Antonio Di Pietro, leader di Idv – occorre vigilare e condannare tutti gli atti e tutte le iniziative volte a cancellare le pagine più drammatiche della nostra storia. Il rinnovo della memoria deve essere un esercizio costante per le nuove generazioni affinché certi orrori non si ripetano. Gli ultimi vergognosi episodi, avvenuti persino in Parlamento, confermano la necessità e l’urgenza di norme che frenino questa deriva pericolosa”.
Veltroni: “Memoria e impegno contro chi vuole negare la verità”. “Il ricordo della tragica notte del rastrellamento nazifascista al ghetto nel 1943 – dichiara l’esponente del Pd Walter Veltroni – fa parte in maniera indelebile della memoria di tutti i romani, di tutti gli italiani. Per questo il ricordo di quella tragedia deve essere coltivato dall’intera città e deve accompagnarsi a un impegno rinnovato perché non possano più tornare antisemitismo, odio, razzismo. Per questo è giusto l’appello che viene dalla comunità ebraica romana che chiede di mettere in calendario la legge contro chi nega l’olocausto. Quelle norme, davanti anche ai segnali allarmanti di un nuovo antisemitismo, vanno discusse presto e approvate”.
Fassino: sì a legge contro negazionismo. “Sosterrò la legge contro il negazionismo e contro ogni tentativo di alterare la tragica verità della storia” scrive Piero Fassino al presidente della comunità ebraica di Roma in occasione dell’anniversario del rastrellamento del 16 ottobre ’43. Fassino ha ricordato come in quella terribile giornata “uomini innocenti, donne spaventate e bambini inermi
furono costretti a lasciare le proprie case per non farvi più ritorno. Senza un motivo, ma solo per il buio di un’ideologia fanatica, antisemita e razzista. È questo – conclude Fassino – che dobbiamo ricordare e insegnare ai giovani, perché nessuno e nulla sia dimenticato e quegli orrori non si ripetano mai più”.
Mussi (Sel): “In un Paese civile non sarebbe necessario”. “In un Paese civile non ci dovrebbe essere bisogno di una legge per punire chi spaccia le vergognose tesi che negano la Shoah” sostiene Fabio Mussi, presidente del comitato scientifico di Sinistra e libertà. “Per combattere il negazionismo – prosegue – bisognerebbe anche chiudere le porte a tutte le destre estreme nostalgiche del fascismo e del nazismo. Lo fanno quasi tutti i leader europei ma non tutti quelli italiani. Questo sarebbe un buon argomento di conversazione tra il sottosegretario Letta e il suo presidente del Consiglio. Ben venga la legge proposta dal presidente della comunità ebraica romana, Pacifici. Un giorno qualsiasi tra il 16 ottobre, anniversario della razzia del ghetto di Roma, e il 27 gennaio, Giorno della Memoria, è un buon giorno per fornire al nostro Paese questa legge”.
La prima cosa che salta agli occhi è che ci sono proprio tutti: il governo, con Letta; la maggioranza, con Gasparri; Di Pietro, Veltroni e Fassino per le opposizioni; e persino gli estinti, con Mussi, sentono il dovere di allinearsi a Pacifici.
Appassionatamente insieme, vogliono introdurre anche nella nostra legislazione un nuovo reato di opinione, già presente nella maggior parte dei paesi europei: Andrea Carancini ci informa che – alla data di novembre 2006 – risultano avere nel proprio ordinamento specifiche leggi che proibiscono a chiunque di discutere la versione mainstream dell’Olocausto, sotto pena di incriminazione, i seguenti paesi: Spagna, Romania, Germania, Austria, Lituania, Polonia, Francia, Svizzera, Slovacchia, Olanda, Belgio e Repubblica Ceca. Ignorati dai tifosi delle varie squadre, i maggiordomi italiani intendono limitare la libera ricerca storica e la libertà di opinione e di espressione.
Perché, come già scrissi in passato (‘Il Giorno della Memoria‘), non è ammesso trattare l’Olocausto come un qualsiasi altro evento storico: esso è l’evento centrale di una religione (come la consegna a Mosè delle Tavole della Legge o come la nascita di Cristo). E le religioni non si indagano. Figuriamoci se parliamo della sola religione rimasta nell’occidente. La sola che pretende ed ottiene un culto pubblico ed obbligatorio. La sola che punisce chi non crede in essa: l’agnosticismo non è consentito. Ogni “revisione” che indaghi realmente la storia, mirando ad accertare come andarono le cose, è un’eresia. L’unica religione che costringe ancora all’abiura o condanna al carcere i suoi increduli. Mette all’indice, espone al pubblico ludibrio, addita i nemici. Addirittura non basta credere che l’Olocausto ci fu. È vietato anche proiettarlo sullo sfondo della immensa tragedia del secolo ventesimo; non si può accostarlo ai 6 milioni di polacchi morti, ai 22 milioni di sovietici fra cui 7 milioni di civili uccisi nella guerra, ai 300 mila cosacchi che si arresero agli inglesi e che furono da loro consegnati a Stalin – uomini, donne e bambini massacrati fino all’ultimo, ai tedeschi vittime della punizione collettiva – principio tribale, arcaico – successiva alla vittoria Alleata, alle 500 mila anime giapponesi spazzate via con due sole bombe.
No.
Perché questi sono “fatti” profani.
I sei milioni di ebrei (non uno di più, non uno di meno) non sono un fatto indagabile: sono storia sacra, un atto di fede nella religione della Shoah.
Sia chiaro: io non sono uno storico, né possiedo le conoscenze approfondite necessarie per esprimere un’opinione circa le teorie revisioniste. Io non so se è vero che non esiste alcun documento scritto riguardo lo sterminio degli ebrei.
Io non so se è vero che non c’è alcuna traccia materiale della presenza di camere a gas nei campi di concentramento.
Io non so se è vero che non esiste prova alcuna delle uccisioni di massa dei detenuti nei lager tedeschi.
Io non so se è vero che la presunta confessione di Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, è stata ottenuta sotto tortura.
Io non lo so se è vero tutto questo. Ma se lo sapessi non potrei scriverlo, né comunicarlo, né pensarlo: dovrei anzi dissociarmi da me stesso per evitare il rogo della Eletta Inquisizione. Anche se in Italia non è ancora reato, infatti, con il mandato di cattura europeo (altra geniale invenzione della lobby europoide, in spregio alle più elementari norme del diritto) potrei in teoria essere estradato, che so, in Germania ed essere lì processato.
Processato per delle idee.
Con nessuno a fare il tifo per me.
Antonio Schiavone
16 ottobre 2010