I retroscena sulla mala acerrana svelato dal pentito Alessio Galdiero, reo confesso dell’omicidio di Pasqule ‘o stagnaro.
ACERRA – “Ce la vediamo noi a togliere il sangue da terra di tuo fratello”. Uccidere, dunque, per vendicare un precedente omicidio e suggellare un patto tra due gruppi criminali. E’ quanto emerge dall’indagine portata avanti dai carabinieri e coordinata dalla Dda napoletana che ha portato all’arresto di 6 persone accusate a vario titolo di concorso in omicidio, armi e ricettazione, reati contestati con l’aggravante mafiosa. Ordinanza di custodia cautelare in carcere per i fratelli Bruno e Giancarlo Avventurato, il primo ritenuto a capo dell’omonimo clan di Acerra, del genero Andrea Aloia e per Cosimo Nicoli, napoletano storicamente stabilitosi in Emilia ma trasferitosi poi ad Afragola per scontare i domiciliari e due uomini a lui legati, Ferdinando Rago, alias ‘o falegname, 43enne residente a Melito e Vincenzo Bastelli, 34enne napoletano di sangiovanniello. Misura cautelare rigettata per Antonio Annunziata, 36enne di Miano. Nicoli e Giancarlo Avventurato sono già detenuti rispettivamente a Nuoro e Poggioreale. Tutti sono accusati – ognuno con un ruolo diverso – del delitto di Pasquale Tortora, alias ‘o stagnaro, avvenuto ad Acerra il 20 maggio del 2020. Per questo fatto sono già stati condannati in primo grado Alessio Galdiero, oggi collaboratore di giustizia (che nella sentenza ha avuto il riconoscimento della collaborazione) e Angelo Di Palma. E proprio dalle dichiarazioni del pentito e dai riscontri condotti in maniera brillante dai militari dell’Arma del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna, diretti dal tenente colonnello Antonio Bagarolo con il fattivo supporto dei colleghi della stazione di Acerra, guidati dal comandante Giovanni Caccavale, che l’Antimafia ha potuto ‘allargare’ l’indagine su mandanti e ‘collaboratori’ di quell’agguato.
Un omicidio nato in maniera particolare, stando al racconto di Galdiero, come una ‘offerta’ di Mino Nicoli agli Avventurato di vendicare la morte del fratello Giuseppe, ucciso ad Acerra a dicembre 2019 “per mano di uno zingaro di Pascarola che aveva avuto il ‘mandato’ da Pasquale Tortora ricevendo 20mila euro”. I motivi – sottolinea Galdiero – sarebbero da ricercare nei contrasti sorti tra ‘o stagnaro e gli Avventurato sulla gestione di alcune estorsioni, che Tortora avrebbe fatto sottobanco nonostante avesse più volte affermato di non avere interessi su Acerra, con i summit per il pizzo che sarebbero avvenuti – secondo il pentito – presso un imprenditore nel rione Spiniello.
“In un incontro tra Nicoli e gli Avventurato, Mino diceva di essere il nipote di Michele Senese (Michele ‘o pazzo) di Afragola sostenendo che voleva allargarsi nel mercato della droga ad Acerra (con l’intenzione di estendersi anche a Casalnuovo e Pomigliano) e per aggraziarsi Bruno disse che avrebbe potuto vendicare la morte del fratello”. Dopo l’agguato a Tortora, per siglare definitivamente l’accordo tra il clan acerrano e il gruppo di Nicoli il collaboratore racconta che “Bruno tirò fuori un orologio Bulova appartenuto a suo fratello Peppe che regalò a Mino come gratitudine per l’omicidio”. Il pentito spiega anche la ‘genesi’ dell’incrocio con gli acerrani: “Quando Mino era detenuto a Voghera, per quanto da lui raccontato, aveva conosciuto Gaetano De Rosa, alias ‘o maravizz (storico esponente della mala locale) che gli aveva riferito che per entrare nella droga ad Acerra bisognava parlare con Bruno Avventurato o con un’altra persone, poi deceduta”. Nell’indagine era stato coinvolto anche Pasquale Di Balsamo, che si sarebbe occupato della logistica ospitando la coppia di killer a casa sua prima dell’omicidio. Il giovane, però, è stato ucciso a fine aprile in uno scontro a fuoco con Vincenzo Tortora, pure lui morto in quella circostanza.
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