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Omicidio Tortora, due condanne: uno evita l’ergastolo, l’altro ritenuto pentito credibile

Secondo la Dda, tuttavia, restano da individuare i mandanti del delitto di Pasquale ‘o stagnaro.
ACERRA – Omicidio Tortora: Di Palma evita l’ergastolo, a Galdiero riconosciuta l’attenuante della collaborazione. E’ quanto ha stabilito ieri mattina la Seconda Sezione della Corte d’Assise di Napoli – presidente Rosa Cristiano – nei confronti di Angelo Di Palma, 35enne di Marano e Alessio Galdiero, 30enne di Qualiano (nella foto a destra) oggi pentito. Al termine del dibattimento il primo, che ha sempre respinto le contestazioni rimedia 30 anni: è difeso dall’avvocato Dario Carmine Procentese che ha già annunciato ricorso in Appello. All’altro, invece (assistito dall’avvocato Domenico Esposito) vengono inflitti 16 anni col beneficio dell’attenuante di aver collaborato con la giustizia.
La coppia è stata ritenuta responsabile in primo grado di aver ucciso Pasquale Tortora, alias ‘o stagnaro (nella foto a sinistra) il 20 maggio dell’anno scorso in pieno centro ad Acerra. Le indagini – supportate anche dai Ris di Roma – si sono fondate sulla visione delle decine di telecamere di videosorveglianza, sulle celle dei loro telefonini agganciate lungo il percorso di arrivo e di fuga e sulle intercettazioni.
Un delitto comunque maturato negli ambienti camorristici di Acerra, dal quale i due indagati sarebbero stati ingaggiati. Particolare, questo, che dà la sensazione che il ‘cerchio’ intorno a tale vicenda ancora non sia chiuso del tutto. “Tortora fu ammazzato per vendetta ad un precedente omicidio” aveva sottolineato Galdiero nei suoi primi verbali da pentito. Una ritorsione, dunque, “dovuta al fatto che c’erano stati dei contrasti su delle estorsioni che lui faceva ‘sottobanco’ malgrado avesse detto che non aveva degli interessi criminali su Acerra”. Il 54enne, infatti, aveva storicamente incentrato i suoi ‘affari’ più su Casalnuovo dopo un passato tra le file del clan Nuzzo. Dall’indagine sarebbe emerso, però, che gli stessi mandanti avrebbero pensato di eliminare il killer, aspetto fondamentale che potrebbe aver portato il 30enne a voler collaborare con la giustizia. Per il delitto, infatti, gli sarebbero stati promessi – e mai pagati – 40mila euro, più 500 euro a settimana da consegnare alla moglie nel suo periodo di detenzione che pure non sarebbero stati corrisposti regolarmente.