Il marcianisiello ritenuto completamente estraneo alla contestazione di violenza sessuale. La vicenda associativa di droga riqualificata come fatto di lieve entità.
ACERRA – Condannato per la droga, assolto dalla terribile accusa di violenza sessuale. E’ quanto ha stabilito il tribunale di Nola nei confronti di Pasquale Di Buono (nella foto) il 32enne figlio del ras Vincenzo Di Buono, alias ‘o marcianisiell. Al termine di un lungo ed articolato dibattimento l’uomo rimedia 6 anni, ritenuto responsabile in primo grado (rito ordinario) di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio.
Per quel che concerne la pesante contestazione di aver abusato di una minorenne, invece, è arrivata l’assoluzione piena per non aver commesso il fatto. Passa in toto, dunque, la linea difensiva portata avanti dai legali di fiducia dell’imputato, gli avvocati Giovanni Bianco e Antonio Iorio che sono riusciti a dimostrare l’assoluta estraneità del proprio assistito rispetto allo stupro. La Dda napoletana, invece, aveva chiesto 12 anni di reclusione. I fatti di droga, inoltre, sono stati riqualificati in associazione ‘lieve’. La difesa, tuttavia, ha già annunciato ricorso in Appello per quel che concerne il delitto associativo.
I fatti oggetto di questo procedimento scaturiscono da un’indagine che portò a maggio dell’anno scorso ad un’ordinanza di custodia cautelare che smantellò una piccola holding di ragazzi di Acerra dediti allo smercio al dettaglio di stupefacenti con a capo proprio il ‘rampollo’ del rione a for a porta. L’accusa di violenza sessuale, invece, si fondò esclusivamente su una chiamata intercettata – visto che agli atti non c’era né referto medico né alcuna denuncia presentata – di una ragazza che a febbraio del 2018 aveva 15 anni. L’ipotetico abuso, infatti, era emerso nel corso delle conversazioni telefoniche captate tra un altro degli indagati del gruppo della droga – Vincenzo D’Angelo, nipote del giovane marcianisiello – e due ragazze, la presunta vittima e sua sorella. L’impianto accusatorio della Procura, però, che è totalmente caduto nel corso del processo grazie alle argomentazioni giuridiche prodotte dalla difesa.
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