La Commissione Europea ha da poco ufficializzato i risultati dell’indagine annuale sulla diffusione della cultura digitale negli Stati europei, il famoso Desi Index, e le notizie per l’Italia non sono particolarmente buone: il nostro Paese resta infatti nelle retrovie, al 25esimo posto sui 28 complessivi, ma comunque qualcosa si sta muovendo.
Le buone notizie del Desi 2018
Tra le principali “luci” che il Rapporto evidenzia in Italia c’è innanzitutto la propensione digitale del mondo imprenditoriale nazionale: le imprese italiane si collocano infatti al di sopra della media comunitaria per quanto riguarda l’utilizzo di soluzioni di eBusiness, come scambio di informazioni elettroniche e RFID. Un buon traguardo raggiunto grazie a vari fattori, come la sperimentazione della fatturazione elettronica tra privati, l’introduzione delle detrazioni fiscali sugli investimenti e lo sviluppo dell’offerta a disposizione, come dimostrano le performance ottenute dalle aziende che utilizzano tutti i software gestionali di Danea Soft, che hanno una probabilità nettamente maggiore di sopravvivenza nel tempo rispetto alle statistiche nazionali italiane.
Buone performance per le imprese
Accanto a questo pur importante segnale ottimistico, però, l’analisi comunitaria mette in risalto anche tantissime note stonate, che affondano le performance complessive dell’Italia, che raggiunge in definitiva il venticinquesimo posto della classifica europea, precedendo solo Bulgaria, Grecia e Romania. Il punteggio totale raccolto dal nostro Paese è di 44.3, in salita dal 41.4 del Desi 2017, ma a distanza di circa 30 punti dal primo posto della classifica, occupato dalla Danimarca che raggiunge 73.7 (anche qui in aumento dai 72.1 nell’indice dell’anno scorso).
Tante ombre nel digitale
In generale, comunque, il documento rivela che è tutta la media generale europea che sta aumentando, ma soprattutto che i risultati della crescita digitale italiana restano ben al di sotto degli standard statistici predisposti sul punteggio complessivo dell’Unione europea. Uno dei punti più critici è la rilevante carenza di competenze digitali, che continua a essere riscontrata e confermata dal parametro Capitale Umano, che attribuisce all’Italia il punteggio di 40.8 a fronte della media europea di 56.5, ancora una volta distante dal 70.4 della Danimarca.
Basso il livello di cultura tecnologica
Il livello di cultura digitale di base italiano resta dunque insufficiente e rappresenta un preoccupante fattore di esclusione sociale, come spiegato dagli analisti, poiché da un lato preclude l’accesso al mercato del lavoro (visto che le prospettive professionali richiedono in maniera sempre più frequente il possesso di adeguate competenze digitali) e, dall’altro, costituisce un grave pregiudizio all’esercizio di fondamentali diritti sociali, con effetti negativi anche nel dialogo diretto interattivo con la Pubblica Amministrazione e la fruizione dei relativi servizi pubblici attraverso cui si realizza la cosiddetta cittadinanza digitale.
Italia in fondo alla classifica
Un altro elemento particolarmente preoccupante è quello che riguarda il risultato sulla copertura della banda larga ultraveloce (ovvero in grado di garantire almeno i 100 Mbps), che in Italia raggiunge il 22 per cento del territorio rispetto alla media europea del 58 per cento (e a una Danimarca che, ancora una volta, viaggia su ritmi completamente differenti, con un dato corrispettivo pari al 86 per cento), mentre ancora più bassa è la relativa diffusione presso la popolazione, che si ferma al 4,8 per cento rispetto al 15,4 per cento di media europea.
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