Ad andarsene sono prevalentemente laureati sfiduciati dalla situazione italiana: precarietà, crisi, mancanza di competitività reale.
Dopo gli ultimi dati divulgati dal Centro studi Idos che ha curato il Dossier sull’immigrazione 2017 insieme alla rivista Confronti, il dibattito sulla fuga di cervelli italiani si è fatto sempre più serrato. Ad andarsene sono prevalentemente laureati sfiduciati dalla situazione italiana: precarietà, crisi, mancanza di competitività reale. Tanti under 40 che cercano trasparenza, regole chiare e rispettate da tutti, una carriera universitaria dettata solo dal merito e dalla preparazione. Si scappa dalla precarietà, dalla disoccupazione e da uno Stato che troppo spesso chiede tasse e non restituisce servizi.
Per il presidente dell’Associazione italiana per il Cancro, Pier Giuseppe Torrani, nell’ambito della ricerca scientifica la “fuga di cervelli” non andrebbe ostacolata, anzi favorita. «La ricerca oncologica ha una dimensione internazionale ed è più che mai necessario per un giovane ricercatore fare esperienze nei laboratori esteri per confrontarsi con le migliori realtà del mondo. Non dobbiamo preoccuparci dell’esodo dei nostri giovani talenti. Dobbiamo essere in grado di assicurare che chi vuole rientrare possa farlo in condizioni competitive. Ma in questo caso si tratterebbe di “circolazione di cervelli “ e non di una vera e propria “fuga”.
«Gli italiani d’America hanno competenze e voglia di fare che potrebbero trasformarsi in un grande motore di crescita per il nostro Paese» scrive Maurizio Molinari nel libro Gli italiani di New York. Ma il problema appunto è convincere chi si è “sistemato” all’estero a tornare. La voglia di tornare non manca come riportano tante testimonianze: molti vorrebbero tornare ma all’estero hanno trovato una situazione contrattuale migliore e standard di vita più alti che difficilmente potrebbero essere mantenuti in Italia.
Nel 2015 l’allora governo italiano guidato da Matteo Renzi ha messo in atto interventi per far rientrare i talenti che avevano lasciato l’Italia nel tentativo di attrarne anche altri dall’estero. Un regime fiscale agevolato per il triennio 2015/2017 per tutti coloro che manterranno la residenza in Italia e verranno assunti nel nostro Paese. Sconto del 30% sull’Irpef a chi in possesso di “qualifiche elevate” riporterà la residenza nel territorio dopo cinque anni all’estero.
Ma a scappare non sono più soltanto i giovani studenti italiani. Con l’allargamento dell’unione Europea è arrivata la concorrenza di tanti altri studenti preparati e competitivi provenienti dai paesi dell’Est. Secondo lo studio redatto da Fabio Pammolli e Alexander M. Petersen pubblicato su Science Advances, l’allargamento dell’Unione Europea avvenuto nel 2004 e nel 2007 avrebbe favorito la fuga di cervelli da Romania, Polonia e Ungheria con effetti negativi sulle collaborazioni internazionali in materia di ricerca scientifica. Pammolli e colleghi del Politecnico di Milano hanno analizzato le collaborazioni internazionali che hanno poi prodotto articoli scientifici arrivati a pubblicazione tra il 1996 e il 2012, incrociando i dati con gli investimenti statali, la mobilità professionale e la migrazione globale. Dall’analisi scientifica dei dati è emerso che l’adesione dei nuovi 12 paesi ha avuto un impatto negativo sulle collaborazioni internazionali. Questo perché probabilmente l’abbattimento delle frontiere ha generato una ridistribuzione geografica dei ricercatori con una vera e propria fuga di cervelli (evidente dalla Romania ad esempio), che è andata a colpire molte collaborazioni internazionali. I risultati dello studio di fatto mettono in discussione principi base delle politiche di integrazione dell’European Research Area, la divisione della Commissione europea per il coordinamento delle attività di ricerca che ha come obiettivo quello di incentivare la circolazione delle conoscenze, della tecnologie, dei ricercatori per aumentare la competitività dell’Ue.
fonte foto universita.it
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