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Usura e armi, cinque condanne ed un’assoluzione

La sentenza di primo grado: pena più alta per Vincenzo Buonaiuto, mentre il figlio del boss Di Buono rimedia 4 anni per una pistola.
ACERRA – Prestiti ‘a strozzo’ e armi, 5 condanne ed un’assoluzione. E’ quanto ha stabilito il gip del tribunale di Napoli Giuseppe Sepe nei confronti di altrettante persone accusate a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata all’usura, usura, tentata estorsione, estorsione e armi. Al termine del processo celebrato con il rito abbreviato Vincenzo Buonaiuto, di 45 anni, rimedia 10 anni e 8 mesi, mentre sua madre Carmela Mariniello prende 2 anni ma beneficia della sospensione della pena con la conseguente scarcerazione (era ai domiciliari). La compagna Teresa Di Buono, invece, è stata assolta per non aver commesso il fatto: accolte in pieno, nello specifico, le argomentazioni prodotte in giudizio dal suo legale di fiducia, l’avvocato Domenico Buonincontro, difensore anche di mamma e figlio. A Leopoldo Lara vengono inflitti 4 anni e 8 mesi, 6 anni ad Antonio Cannavacciuolo. Pasquale Di Buono, figlio del ras Vincenzo ‘o marcianisiell, rimedia 4 anni per armi. Si tratta di pene comunque inferiori rispetto alle richieste della Dda partenopea – pm Giuseppe Visone – che si era espressa per condanne dai 2 a 14 anni di reclusione. Collegio difensivo composto dagli avvocati Giovanni Bianco, Luigi Gravante, Antonio Iorio, Ottavio Maione, Giuseppe Ricciulli e Angelo Raucci.
I fatti oggetto di questo procedimento – datati 2018 e 2019 – scaturiscono da un’ordinanza emessa a dicembre 2020 a conclusione di un’indagine dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna avviata a seguito dell’omicidio di Vincenzo Mariniello ‘o cammurristiello, elemento di spicco dell’omonimo clan acerrano, ucciso nel garage della sua abitazione il 17 febbraio 2019, i cui autori ad oggi non sono ancora stati individuati.
Secondo l’impianto accusatorio il 45enne sarebbe stato a capo di un sodalizio dedito all’usura e molto radicato sul territorio di Acerra: tra le contestazioni figurano i soldi prestati ‘a strozzo’ allo stesso Mariniello, cugino di Buonaiuto e ad un consigliere comunale di opposizione. Secondo l’accusa il tasso usuraio applicato sarebbe variato dall’8% al 120% mensile. L’inchiesta si è basata principalmente sulle intercettazioni telefoniche (fondamentale l’uso del trojan) ed ambientali. Nessuna delle vittime ha denunciato: anzi, in qualche caso, per esempio, due artigiani hanno negato davanti ai carabinieri gli interessi sulle somme ricevute.
FONTE FOTO NUOVA SOCIETA’